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L'arresto dell'assassino di Soumaila Sacko non porti con sé letture minimaliste di un delitto razzista

Nazionale -

Il fermo questa mattina di Antonio Pontoriero per l’omicidio di Soumaila Sacko, operato sulla base di schiaccianti indizi, peraltro quasi tutti forniti alle forze dell’ordine dai due braccianti che erano con il nostro attivista al momento dell’omicidio, viene accompagnato da dichiarazioni tendenti a dare una lettura dell’avvenimento edulcorata e scevra da intenti razzisti.


Secondo la Procura di Vibo, ancor prima di aver proceduto all’interrogatorio dell’uomo fermato, alla base del gesto omicida ci sarebbero questioni legate alla proprietà della fornace sotto sequestro, la cui sorte sembra essere quella di tornare a breve nelle mani dei proprietari causa la prescrizione dei reati che lì sono stati commessi, cioè sversamento e occultamento di rifiuti industriali per decine di migliaia di tonnellate con conseguente inquinamento grave dei territori circostanti.


Quindi Pontoriero avrebbe sparato per evitare che venissero asportate poche lamiere arrugginite da utilizzare per costruire baracche, in previsione del fatto che la fornace di lì a poco, la fine di giugno, sarebbe tornata in possesso dei proprietari tra cui sembra esserci anche l’omicida.


Non abbiamo elementi per contestare questa lettura, che però ci sembra decisamente fuori contesto e decisamente poco credibile. Quel territorio è da sempre soggetto al controllo di “famiglie”, la ricchezza della zona, che è considerata Zona Economica Speciale viene principalmente dai fondi che questa attrae per l’agricoltura; il valore aggiunto dato dall’inapplicazione delle norme e dei contratti che dovrebbero regolare i rapporti di lavoro è altissimo, vista la consuetudine di pagare al nero o pagare pochi spiccioli all’ora le braccia di migliaia di stagionali e stanziali, principalmente migranti.


E allora: uno che è ben addentro all’economia del luogo, che ci vive e ci lavora, e forse ci lucra come tanti altri nella zona, prende a fucilate tre poveracci che stavano asportando, per di più senza mezzi di trasporto, qualche metro quadro di lamiera?


A prescindere da questa corposa obiezione, ci chiediamo anche: cosa avrebbe fatto l’omicida se si fosse trovato davanti tre ragazzi italiani? Avrebbe sparato?  O meglio, avrebbe sparato per uccidere? E lo avrebbe fatto posizionandosi su un’altura per avere una migliore visuale degli obiettivi?
Il clima che si respira in quelle zone si va sempre più facendo bollente, perché la presenza di migliaia di persone sfruttate, senza casa, senza acqua, senza assistenza medica, senza alcuna tutela contrattuale certamente crea ricchezza ma altrettanto sicuramente crea malumori e rancori che, uniti al “dalli allo straniero” fatto scendere anche da alte sfere “istituzionali”, può indurre qualcuno a credere di poter sparare a proprio piacimento ritenendosi peraltro immune da conseguenze di ogni tipo.


L’avvocato Arturo Salerni, difensore dei familiari di Soumaila Sacko, chiede al sostituto Procuratore della Repubblica di Vibo,  titolare dell’inchiesta, che,  “prima che vengano  formulate ipotesi in ordine alla sussistenza o meno di determinate circostanze aggravanti  del reato, siano svolti gli opportuni approfondimenti  investigativi sulla dinamica del fatto omicidiario e sulla condotta tenuta dal soggetto indagato, manifestando la piena fiducia nell’operato degli organi inquirenti, che hanno agito con tempestività nelle fasi immediatamente successive all’omicidio”.


Unione Sindacale di Base