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Trieste, i lavoratori Redox Group occupano la sede di via Muggia

Trieste -

La mobilitazione di lunedì 27 novembre con il presidio dei lavoratori davanti la Wartsila Italia, multinazionale finlandese in cui opera la ditta di manutenzione gru-carriponte, non ha prodotto alcun risulatato. Infatti la dirigenza Redox ha preferito “tacere” e non avallare la richiesta di incontro urgente avanzata da USB.
 
Come è noto, ai lavoratori è stato proposto un “affitto” d'azienda che prevederebbe la diminuzione degli stipendi, l'accettazione di passare nell'azienda affittuaria senza il passaggio diretto (col Jobs Act quindi), lasciando però al “nuovo” imprenditore i TFR dei lavoratori.
Già questo sarebbe sufficiente per rigettare la proposta, se non fosse emerso che l'azienda affittante (la V.A.Crane) non è nient'altro che una azienda “prestanomizzata” dell'imprenditore che fino ad oggi li ha letteralmente affamati in Redox Group.  Perché oltretutto non va dimenticato che questi lavoratori non ricevono lo stipendio da mesi, in una situazione che oramai si protrae da più di un anno e mezzo.
 
I lavoratori, esasperati e stanchi della situazione martedìmattina hanno occupato la sede aziendale di via Muggia 9 (incrocio con via Ressel).  Chiedono all'azienda di sedersi attorno ad un tavolo, possibilmente in presenza di Wartsila Italia ed avviare un confronto sulla base delle loro richieste.
 
1. Il passaggio dei lavoratori in VA Crane deve essere diretto ed ai sensi di legge e con accordo sindacale. Niente Jobs Act, nessun intervento unilaterale di taglio alle retribuzioni.
2. Garanzia del pagamento delle retribuzioni con copertura diretta da parte dell'azienda appaltante (Wartsila) nel caso in cui l'imprenditore continui a non erogare gli stipendi.
3. Ai lavoratori oggetto del passaggio di legge deve essere garantita una clausola che impedisca all'azienda di trasferire i lavoratori successivamente al passaggio.
4. I lavoratori non possono essere prigionieri dell'azienda. Nella procedura di legge va garantita la disponibilità ad un'uscita incentivata, coperta dalla NASPI e con garanzia del pagamento del TFR per i lavoratori che non se la sentono di rimanere con l'imprenditore che fino ad oggi si è resa responsabile della crisi societaria.
 
I lavoratori di Redox Group infine, chiedono alle istituzioni di intervenire nei confronti delle aziende coinvolte, a sottolineare il rispetto del dovere sociale delle imprese, sancito dalla nostra costituzione.



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