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ILVA: primo incontro con ArcelorMittal, ma non è stato un piacere...

Nazionale -

Stamane, mentre centinaia  di  lavoratori Ilva di Taranto aderenti allo sciopero USB protestavano insieme a quelli Alitalia e Tecnomessapia, sotto la sede del ministero dello sviluppo economico a Roma contro il piano di svendita dello stabilimento siderurgico, si è tenuto il primo incontro ufficiale con la folta delegazione della multinazionale ArcelorMittal.
Non è stato un piacere tuttavia... Con la freddezza e la brutalità che contraddistingue da sempre il management delle multinazionali, è stato nuovamente confermato il taglio di oltre 4.000 lavoratori dagli attuali organici di 14.200. La presentazione, a mezzo slides, del piano industriale 2018-2023 non solo non ha risolto le pesanti incoerenze sul terreno produttivo e le aleatorie promesse sul piano ambientale ma ha ulteriormente testimoniato lo scarso interesse industriale del gruppo leader mondiale dell'acciaio sulle produzioni del  gruppo Ilva.
Come USB abbiamo dichiarato l'indisponibilità anche solo a trattare la divisione in due dei lavoratori Ilva. Non siamo disponibili a consentire ad ArcelorMittal di acquisire il gruppo Ilva senza assumere tutti i lavoratori dipendenti. A ciò si aggiunge la questione dell'indotto, dei lavoratori degli appalti per i quali il governo è
chiamato a dare risposte occupazionali, non sussidi di povertà.
Lo sciopero USB di oggi è solo la prima delle iniziative di lotta che abbiamo intenzione di mettere in campo. Il 13 settembre partirà la trattativa vera e propria. Non accetteremo di trattare sotto ricatto della scadenza del 30 settembre, termine entro il quale va perfezionata la cessione. L'accordo è possibile solo se salvaguarda tutti i lavoratori, senza divisione alcuna in bad company/newco e se garantisce davvero un'accelerazione degli interventi ambientali e produttivi all'altezza dei bisogni della città e dello stabilimento. Continuiamo a denunciare la scelta miope e distruttiva del governo sul terreno industriale. Ilva deve tornare in mano pubblica, così
come il resto della siderurgia del nostro paese.
Così come Alitalia, che oggi ha manifestato insieme ai caschi rossi degli operai Ilva, deve tornare pubblica. Non assisteremo passivi all'ennesima svendita del patrimonio industriale e occupazionale di questo paese. Così come accaduto a Piombino, all'Alcoa e in tante altre vertenze che hanno segnato in questi anni lo smantellamento progressivo di settori strategici dell'economia. Ci chiediamo, e lo abbiamo anche chiesto direttamente al management di ArcelorMittal che non è stato in grado di darci risposte, quali garanzie sul rispetto degli impegni possa dare un'azienda che, in diversi casi, ha totalmente disatteso gli obblighi formali assunti all'atto dell'acquisizione di siti.
È accaduto a Zeneca, in Bosnia, dove ArcelorMittal è sotto accusa per non aver ottemperato agli obblighi che imponevano una drastica riduzione delle emissioni nocive. La multinazionale dove scrive i suoi impegni, sulla pietra o sull'acqua? Il Governo si assume così una responsabilità enorme per il futuro della siderurgia italiana e della città di Taranto. Città che rivendica, da troppo tempo inascoltata, giustizia e il diritto sacrosanto  di non respirare veleni, di non morire di acciaio.

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