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Bolognafiere: l'assemblea dei lavoratori approva l'accordo su pianta organica e riorganizzazone del personale della fiera

Roma -

Si è discussa mercoledì 19 giugno, nell’assemblea plenaria dei lavoratori e delle lavoratrici di BolognaFiere, l’ipotesi d’accordo sottoscritta lo scorso 8 giugno da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e USB Lavoro Privato e Consiglio dei Delegati d’Azienda con la direzione della Fiera su riorganizzazione del personale di quartiere: l’accordo prevede il passaggio da part-time a full-time per sette dipendenti; l’aumento del monte ore (da 700 a 1.000) per i part-time “fissi”; la definizione di una soglia minima di pianta organica per il personale di manifestazione a tempo determinato (80 persone per 70.000 ore) al sotto della quale scatterà l’assunzione per i precari nella lista dei tempi determinati storici; l’erogazione, già quest’anno, del salario variabile; l’erogazione di una indennità  “una tantum” di un premio di risultato che riguarderà sia i dipendenti a tempo indeterminato che a tempo determinato.

L'accordo è stato approvato con 79 voti favorevoli, 22 astenuti e 8 contrari.

La scelta dei lavoratori arriva a seguito di una discussione importante che ha fatto il punto sui tre anni di vertenza dei lavoratori della Fiera, scesi in campo nel giugno del 2016 per impedire il tentativo di licenziamento di 123 part time, passando per la mobilitazione contro la modifica dello Statuto Societario, fino al tentativo dello scorso anno, anche questo bloccato, di operare lo spin off tra la  parte immobiliare e la gestione delle fiere da parte della proprietà e della direzione aziendale.

Un accordo che mette il punto sulla salvaguardia di un modello che in questi anni i lavoratori hanno difeso con le unghie e con i denti. Modello che rappresenta un unicum in Italia, in un settore che utilizza a mani basse personale esternalizzato, stage e tirocini gratuiti (basti ricordare, a tal proposito, EXPO 2015 della Fiera di Milano, uno dei casi che hanno destato più clamore per l’utilizzo di volontari a gratis): il modello dell’assunzione diretta da parte della Fiera di Bologna, che determina il numero minimo di presenze in quartiere, al di sotto del quale bisognerà assumere nuovo personale a tempo indeterminato.

“L’assunzione dei lavoratori”, in questi anni vero e proprio tabù per la direzione di BolognaFiere, che ha continuato a macinare utili e risultati di bilancio tra i migliori della sua storia, finalmente rientra a far parte del vocabolario di una delle società partecipate, a maggioranza pubblica, più importanti del nostro territorio.

Tuttavia rimane ancora molto lavoro da fare e da puntellare, con il rimando che è dato nell’accordo ai tavoli tecnici, tra i quali quello della progressione di livello per i lavoratori e la definizione dei premi di produzione, ma anche quello sull’eventuale accordo di isopensione per il personale full-time: su questo tema, d’intesa con l’assemblea dei lavoratori che ha votato l’accordo, le OO.SS. ed il Consiglio dei Delegati d’Azienda hanno sospeso il tavolo tecnico, inviando a Città Metropolitana, Comune e Regione una richiesta d’incontro per aprire la discussione sull’accordo di sito per gli appalti che i sindacati richiedono ormai da anni, ma soprattutto per chiedere una posizione netta sul destino strategico della Fiera di Bologna e sulla possibilità che essa continui a promuovere le fiere anziché, come sembra stia avvenendo alla spicciolata, esternalizzare funzioni e organizzazioni fieristiche ad altre società.

Un accordo che è un inizio dunque, che mette in salvo quanto di buono costruito e conquistato nei rapporti di forza con BolognaFiere negli ultimi tre anni, e che si pone l’obbiettivo di andare a ridefinire al rialzo il modo di lavorare in quartiere e negli uffici, salvaguardando la funzione di “produzione di fiere” di questo importante asset territoriale, che, ricordiamo a tutti, è di proprietà pubblica.

Bologna, 20 giugno 2019

Filcams Cgil, Stefano Biosa

Fisascat Cisl, Sara Ciurlia

USB Lavoro Privato, Fabio Perretta