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13 miliardi negli USA, mentre Stellantis smantella l’Italia: nessun piano, solo cassa integrazione e incentivi all’esodo

Roma -

Il 20 ottobre 2025 il CEO di Stellantis, Antonio Filosa, ha incontrato i sindacati – esclusa USB – per fare il punto sugli stabilimenti italiani del gruppo.

Ci si sarebbe aspettati l’annuncio di nuovi investimenti e garanzie occupazionali, invece il vertice si è trasformato in una richiesta alle organizzazioni sindacali di costruire una “alleanza” contro le norme europee del Green Deal. Un paradosso, se pensiamo che mentre in Italia si parla di vincoli e ostacoli, Stellantis investe 13 miliardi di dollari negli Stati Uniti, creando migliaia di posti di lavoro e cinque nuovi modelli di produzione.

In Italia invece restano gli stabilimenti fermi, la cassa integrazione e le uscite incentivate.
Il piano industriale è sempre lo stesso: nessun rilancio vero, solo riorganizzazioni che cancellano migliaia di posti di lavoro. Negli ultimi anni oltre 10.000 lavoratori hanno lasciato gli stabilimenti attraverso piani di esodo sostenuti dalle stesse sigle sindacali che oggi si prestano ancora una volta a legittimare la strategia aziendale.

Si esulta per 400 assunzioni a Torino, ma si tace sul fatto che Cassino e Termoli sono praticamente fermi, che la Gigafactory è un miraggio, e che i 2 miliardi di investimenti promessi per il 2025 non hanno prodotto nulla di concreto.Intanto, nel nostro Paese la produzione complessiva non supererà le 300.000 unità, comprese le vetture commerciali: numeri ridicoli rispetto alle potenzialità industriali italiane e alla storia di un settore che un tempo trainava l’economia nazionale.

Eppure, nessuna mobilitazione, nessuno sciopero. I sindacati firmatari del CCSL continuano a concedere tutto, mentre il governo non ha mai preteso da Stellantis il rispetto degli impegni industriali nonostante gli ingenti fondi pubblici ricevuti nel tempo. Con questo quadro, perché Stellantis dovrebbe cambiare rotta?

A pagare sono ancora una volta i lavoratori: salari falcidiati dagli ammortizzatori, condizioni di lavoro peggiorate, territori desertificati dagli effetti sugli indotti. L’Italia ha scommesso per decenni su un “cavallo perdente” e ora rischia di perdere completamente il proprio settore automotive.

Per l’USB Lavoro Privato l’unica alleanza possibile non è con i vertici aziendali ma con i lavoratori.
Serve un vero piano industriale pubblico per il settore, che garantisca:

  • blocco dei licenziamenti nel comparto automotive,
  • riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario,
  • riforma degli ammortizzatori sociali per tutelare davvero i redditi,
  • politiche salariali in grado di rilanciare la domanda interna e la produzione.

Solo la lotta dei lavoratori può cambiare il corso delle cose e restituire al Paese un futuro industriale.

Roma, 20 ottobre 2025


USB Lavoro Privato – Categoria Operaia dell’Industria Nazionale