A Genova e ad Alba vanno in scena il salario e la democrazia
Sabato 23 novembre si realizzano due assemblee diverse ma intimamente in sintonia. Al Circolo dell’Autorità Portuale di Genova si incontrano le delegazioni dei lavori portuali di tutta Italia per discutere del recente accordo sul contratto sottoscritto dalle federazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil. Al Cinema Moretta di Alba saranno in assemblea le lavoratrici dell’indotto della Ferrero per affrontare il problema del loro contratto. Due mondi distanti che però finiranno per affrontare problemi molto simili. Parleranno infatti di salario e di democrazia.
Al porto di Genova la discussione sarà centrata sul fatto che l’accordo firmato è stato respinto sia a Genova che a Trieste, dove si è svolto un referendum e i voti sono stati effettivamente certificati. Negli altri porti invece, da Palermo a Monfalcone, da Gioia Tauro a Napoli, da Civitavecchia a Livorno e Catania, il referendum non c’è stato e solo in alcuni si sono tenute assemblee con pochissimi partecipanti. La triplice però si è affrettata a tirar fuori un comunicato in cui dava per approvato l’accordo “a larga maggioranza” e scioglieva definitivamente le riserve sulla firma. Ad Alba, invece, la questione di fondo saranno i contratti “pirata” firmati da Cgil, Cisl e Uil in deroga ai CCNL nazionali firmati sempre dalla triplice e che garantiscono da decenni condizioni salariali e normative di autentico sfruttamento in tutto l’indotto. Le uniche lavoratrici dell’indotto Ferrero che non ricadono sotto quel contratto capestro sono finite dalla padella nella brace, nel contratto Multiservizi.
A prima vista a Genova si parlerà di democrazia e ad Alba di salario. In realtà anche a Genova i portuali sono alle prese con la questione del salario perché il motivo per cui rifiutano l’accordo siglato dalla triplice è che il nuovo contratto non permette il recupero del potere d’acquisto perso in questi anni. E ad Alba sarà centrale anche la questione democratica, visto che è inaccettabile che si consenta alle stesse organizzazioni sindacali firmatarie di contratti nazionali di firmare accordi in deroga che durano per decenni, condannando alle gabbie salariali migliaia di lavoratrici che operano per una grande azienda multinazionale.
La verità è che il salario in Italia ha subito una continua riduzione a causa del ripiegamento e assoggettamento dell’intero sistema sindacale alle scelte del padronato. Se siamo l’unico paese occidentale in cui il salario medio è sceso rispetto a trent’anni fa non è casuale, ma frutto di scelte concrete che si sono confermate nel tempo. Fino alla stagione contrattuale in corso, dove le piattaforme contrattuali di Cgil, Cisl e Uil non prevedono neanche il recupero dell’inflazione.
A Genova e ad Alba si prepara lo sciopero generale del 13 dicembre.