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Acciaierie d’Italia: al tavolo di Palazzo Chigi il Governo conferma un piano di dismissione. USB: “Controllo pubblico subito, prima che sia troppo tardi”.

Roma -

Al tavolo di oggi a Palazzo Chigi su Acciaierie d’Italia è emerso un dato incontestabile: il Governo ha confermato integralmente il piano già presentato la scorsa settimana, un piano irricevibile perché fondato sulla riduzione della produzione, sulla fermata degli impianti e sulla gestione del declino attraverso la cassa integrazione.

L’unica novità introdotta è un pacchetto di formazione dedicato a 1.550 lavoratori, pari a 93.000 ore: uno strumento utile solo a coprire l’assenza di attività produttive, non a costruire un futuro industriale. È stato lo stesso management a confermare che anche tutti gli impianti del Nord saranno fermi: una scelta che smentisce definitivamente la narrativa della “manutenzione temporanea” e certifica una riduzione nazionale del perimetro produttivo. Migliaia di persone non lavoreranno, punto.

USB ha ribadito che il percorso proposto dal Governo e dall’azienda contraddice apertamente il piano di rilancio indicato dai Commissari un anno fa, e che la strada scelta oggi va verso la dismissione dell’intero gruppo, finalizzata alla vendita al ribasso a fondi privati – in larga parte stranieri.

Il Governo continua a ripetere che la nazionalizzazione non sarebbe possibile, ma evita di affrontare il tema vero: la mancanza di risorse e la totale assenza di una scelta politica di intervento pubblico. Lo strumento del controllo pubblico esiste, è pienamente costituzionale e già utilizzato anche in Italia. È esattamente ciò che USB chiede da tredici anni.

È stato inoltre evidente come il Governo tenti di farsi scudo dietro le scelte del Comune di Taranto, sostenendo che la mancata realizzazione delle “condizioni abilitanti” richieste da un soggetto poi uscito dalla gara, Baku Steel, dipenderebbe dalle decisioni dell’amministrazione locale. Una giustificazione che conferma ancora una volta la totale subalternità dell’Esecutivo ai progetti dei privati: se il futuro dell’acciaio dipende da ciò che vuole un investitore estero o dal rapporto tra questo e un Comune, significa che lo Stato rinuncia al suo ruolo e abdica alla propria responsabilità industriale e politica.

USB ha richiamato al tavolo anche la necessità di misure straordinarie non solo per i lavoratori diretti, ma anche per quelli dell’appalto e per i lavoratori di Ilva in Amministrazione Straordinaria, più volte annunciate e mai attivate, mentre la situazione nei siti produttivi continua a peggiorare.

USB non avallerà alcun percorso che accompagni lo smantellamento dell’acciaio italiano.
Serve un intervento pubblico immediato, una governance statale e un vero piano industriale fondato su investimenti, sicurezza, lavoro e decarbonizzazione reale.

USB Lavoro Privato – Categoria Operaia dell’Industria Nazionale