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Alla ricerca della via maestra

Nazionale -

La nostra organizzazione oggi ha partecipato convintamente alla manifestazione per fermare il genocidio in Palestina. Una presenza convinta e numerosa dentro un corteo dove al di là dei timori iniziali è prevalso lo spirito unitario di tutte le realtà che negli ultimi mesi hanno fatto vivere nelle piazze la mobilitazione per la Palestina, il Libano, contro il sionismo e l’escalation del conflitto in Medio oriente. Da questa piazza che indica sicuramente la necessità di continuare a lottare e soprattutto in vista del nostro sciopero generale del 13 dicembre, è necessaria però anche una nostra riflessione sulla giornata di ieri.

Lo sciopero generale di Cgil e Uil non è stato un grande sciopero. Il paese non si è fermato e la gran parte delle attività è rimasta in funzione. Ci sono state tante manifestazioni, anche con una partecipazione significativa, segno che le due organizzazioni sindacali dispongono ancora di un’ampia rete di delegati e di strutture distribuita in tutta la penisola. Ma lo sciopero generale si è sentito poco e in molti settori non si è proprio avvertito.

Non è una buona notizia. È la dimostrazione concreta di quello che è rimasto del vasto tessuto di organizzazione dei lavoratori che ha fatto tanta parte della storia di questo paese.

La sfiducia e la disillusione che sono state diffuse tra i lavoratori in questi anni hanno prodotto un cumulo di macerie. Le più grandi organizzazioni di lavoratori, mancava all’appello solo la Cisl, hanno ormai una capacità di azione molto ridotta e a nulla è valso il sostegno che in questa circostanza ha scelto di portargli il sindacalismo di base.

Risalire alle cause di questa situazione non può che portarci alle scelte che il sindacato ha fatto per decenni, firmando contratti, accordi e patti con governi di destra e di sinistra e con le organizzazioni padronali che hanno smantellato conquiste e diritti e ridotto fortemente il potere d’acquisto delle retribuzioni.

Il risultato è che c’è ormai una grande parte del mondo del lavoro che rimane completamente indifferente alla chiamata allo sciopero perché ha sperimentato sia l’inaffidabilità di chi lo promuove e sia l’inefficacia della protesta laddove prodotta in un contesto ricolmo di contraddizioni.

E c’è poi anche una parte significativa che è proprio contraria all’idea di scioperare con Cgil e Uil perché è vittima di contratti e accordi firmati da queste organizzazioni (anche di recente) e semmai chiede di scioperare anche contro di loro.

La lista degli esempi è infinita e va da chi soffre salari sotto la decenza, dalla vigilanza al turismo, alla cooperazione sociale, al pulimento e ai casi ora più noti delle ferrovie, dei porti, della RAI o del commercio. Un elenco infinito di categorie del lavoro che lamentano da anni contratti al ribasso, salari in caduta libera, aumento della flessibilità oraria e della turnistica senza limiti, contratti part-time obbligatori, in buona sostanza una vita incatenata al lavoro senza più spazi per sé, per gli affetti, la socialità e con in più anche salari da fame.

Non è una buona notizia neanche per noi di Usb che a questo sciopero non abbiamo aderito e che ne stiamo preparando un altro per il prossimo 13 dicembre.

Perché una cosa è intervenire dentro un contesto in movimento dove le posizioni possono essere diverse ma c’è comunque una disponibilità al conflitto (il mondo di una volta) e altra è agire dentro un tessuto sociale rassegnato, disilluso o arrabbiato con chiunque proponga un piano di organizzazione e di lotta (il mondo di oggi).

È l’idea di sindacato che è stata minata in anni di arretramento e cedimenti e ora ricostruirla è un lavoro enorme che comporta non solo chiarezza di intenti e saldezza di principi.

Comporta anche la capacità di affermare con grande determinazione la propria assoluta diversità dal vecchio e corrotto sindacalismo deteriore che ancora risulta maggioritario in Italia.

Come possiamo parlare con quei lavoratori che si sentono traditi, con quelli che diffidano dei sindacati, con chi ha maturato rancore verso il sindacalismo, se non ci distinguessimo con forza, affermando ogni giorno la nostra diversità non solo di piattaforme e obiettivi ma anche di stile e attitudine?

E tuttavia il sindacato è anche pratica concreta dell’obiettivo, capacità di raggiungere il risultato, non è pura testimonianza o esplicitazione del punto di vista. E questo comporta la ricerca continua della mediazione, il piano delle alleanze, l’azione concertata anche con chi è diverso e distante da te.

E Usb non si sottrae a questo, anzi promuove in tutte le situazioni dove questo è possibile e utile l’iniziativa comune. È il caso recente del referendum contro l’accordo separato firmato dalla Cisl e dal sindacalismo autonomo nel comparto delle funzioni centrali, che stiamo promuovendo con Cgil e Uil, anzi che noi abbiamo proposto a Cgil e Uil. Una iniziativa che ha un obiettivo preciso: far fallire il progetto di tenere bassi i salari dei dipendenti pubblici. Un’alleanza di scopo, eventualmente replicabile anche in altri comparti, ma comunque ben delimitata nelle sue finalità.

Rigidi come una quercia e flessibili come un giunco, direbbe chi ricorda gli antichi insegnamenti. La via maestra per tornare a dare al sindacato il senso ed il ruolo che ha ricoperto gloriosamente nella storia di questo paese.

USB - Nazionale