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Assoluzione del tecnico manutentore nel caso di Luana D’Orazio: una ferita aperta per il Paese e la conferma dell’urgenza di introdurre il reato di omicidio sul lavoro

Nazionale -

Rete Iside aps e USB esprimono profonda indignazione e amarezza dopo la sentenza con cui il Tribunale di Prato ha assolto il tecnico manutentore imputato nel procedimento relativo alla morte di Luana D’Orazio, operaia ventiduenne rimasta uccisa il 3 maggio 2021 in un orditoio manomesso e reso letale da modifiche finalizzate alla produttività.

L’assoluzione del manutentore – «per non aver commesso il fatto» – non rappresenta soltanto l’esito giudiziario di un processo singolo, ma si inserisce in un quadro nazionale in cui la responsabilità per le morti sul lavoro si disperde sistematicamente, lasciando impunite condotte gravissime e producendo un messaggio devastante: in Italia si può morire lavorando e nessuno ne risponde davvero.

La vicenda di Luana D’Orazio è stata sin dall’inizio il simbolo di un sistema produttivo che sacrifica la sicurezza in nome della velocità e del profitto. Le perizie e le ricostruzioni hanno evidenziato come la macchina fosse stata modificata in modo pericoloso, con la disattivazione di dispositivi di protezione che avrebbero dovuto impedire esattamente ciò che è accaduto.

La sentenza di oggi dimostra tuttavia quanto l’attuale impianto normativo renda difficilissima l’individuazione di una responsabilità penale chiara nei casi di morte sul lavoro: responsabilità spesso diluite tra proprietà, manutenzione, subappalti, consulenze esterne, catene di comando opache e una cultura diffusa di “deroghe operative” accettate come normale prassi.

Da ben 32 mesi giace al Senato una proposta di legge di iniziativa popolare  realizzata da Rete Iside insieme all’Unione Sindacale di Base, che prevede l’introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro e del reato di lesioni gravissime sul lavoro, con sanzioni adeguate alla gravità delle condotte e alla loro portata sociale.

L’obiettivo è chiaro:

  • superare la logica dell’“omicidio colposo” che oggi non riconosce la specificità delle morti dovute alla violazione dolosa o consapevole delle norme di sicurezza;
  • garantire pene adeguate a chi manomette o consente la manomissione di dispositivi di protezione;
  • creare un deterrente reale per imprenditori, dirigenti e responsabili della sicurezza;
  • riconoscere finalmente che morire sul lavoro non è una tragica fatalità, ma un omicidio prodotto da scelte organizzative.
  • Il caso di Luana D’Orazio è l’emblema di perché questa legge è necessaria: in un impianto normativo diverso, la manomissione comprovata delle sicurezze avrebbe rappresentato un fatto penalmente inquadrabile con maggiore chiarezza e con conseguenze proporzionate.

 L’assoluzione del manutentore non chiude nulla: lascia aperta una ferita nella famiglia di Luana, nel mondo del lavoro e nella società tutta. Ancora una volta, una giovane donna è morta mentre svolgeva un turno ordinario, e ancora una volta il sistema non è stato capace di individuare una responsabilità penale piena.

Resta così intatto il nodo strutturale:

  • controlli insufficienti;
  • normative non adeguate;
  • mancate assunzioni negli organi ispettivi;
  • lacune nei sistemi di sorveglianza aziendale;
  • sottovalutazione diffusa dei rischi, soprattutto nei settori ad alta intensità produttiva come il tessile toscano.

Non è accettabile che in Italia si muoia come nel 2021, nel 2025, e oggi. Nessuna modernizzazione, nessun progresso è possibile se la sicurezza continua a essere sacrificata.

Rete Iside e USB chiedono  al Governo, al Parlamento e alle forze politiche di assumersi la responsabilità di intervenire subito.

Chiediamo:

  1. l’adozione immediata della proposta di legge per l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro;
  2. un piano straordinario di ispettori e controlli, soprattutto nei distretti produttivi ad alto rischio;
  3. la revisione delle norme sul subappalto e sulle responsabilità di filiera;
  4. un impegno concreto affinché le macchine industriali non possano essere modificate o manomesse senza tracciabilità e responsabilità certe;
  5. la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori che denunciano condizioni non sicure.

La vita di una giovane operaia non può valere meno della produttività di un macchinario.

Rete Iside e USB  ribadiscono la propria vicinanza alla famiglia di Luana, in particolare alla madre Emma Marrazzo, che da anni lotta affinché il sacrificio di sua figlia non resti vano.

La memoria di Luana non appartiene solo a chi l’ha amata: appartiene a tutto il mondo del lavoro, alle donne, ai giovani, alle famiglie che vivono con il timore costante che un giorno possa accadere lo stesso ai loro figli o ai loro compagni.

La nostra mobilitazione continuerà, nelle piazze, nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nelle istituzioni, perché Luana non sia un nome in un elenco, ma una voce che spinge questo Paese a cambiare.