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Sanità Lombardia, il part time non si tocca: USB vince il ricorso contro l'Asst FBF-Sacco

La revoca unilaterale del part-time è illegittima: la Corte d'Appello del Tribunale di Milano conferma la sentenza di primo grado. L'Amministrazione condannata al risarcimento.

Milano -

Con Sentenza n.1069/2021 pubblicata lo scorso 7 agosto 2021, L’Asst Fbf-Sacco di Milano  è stata condannata anche in corte d’appello, dopo che nel 2020 il giudice del tribunale ordinario  di Milano  aveva già  dichiarato illegittimo il provvedimento di revoca unilaterale del contratto di lavoro part-time ad una dipendente associata all’Unione Sindacale di Base.

Nella fattispecie l’amministrazione mettendo in atto una condotta illecita e unilaterale, sulla scorta di un’errata applicazione dell’art. 16 della legge n. 183/2010, nel 2020 aveva revocato, ad una lavoratrice, il contratto a tempo parziale indeterminato sottoscritto nel lontano 2003, ripristinando il rapporto di lavoro a tempo pieno. La stessa norma aveva conferito alle Pubbliche Amministrazioni  l’eccezionale potere di rivalutare i  contratti part-time nel limite di 180 giorni dalla sua emanazione. In quel contesto, l’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli si era soltanto limitata a inviare un’informativa alla dipendente, senza mai revocare o modificare  il contratto di lavoro part-time della dipendente  a tempo indeterminato (in essere dal 1 giugno 2003) entro i termini dettati dalla norma.

Ma dopo dieci anni,  l’amministrazione della Asst-Fbf Sacco con spavalda arroganza, e pur consapevole di essere in difetto, ha emesso  il provvedimento di revoca che la dipendente, conferendo mandato ai legali del Sindacato USB, ha  tempestivamente impugnato.

In questo modo, si è arrivati alla sentenza con la quale il giudice ha accolto il ricorso della lavoratrice -iscritta al sindacato USB e legalmente assistita dall’Avvocato Gianluigi Valesini- dichiarando la validità del contratto part time a tempo indeterminato stipulato tra le parti nel 2003 e condannando l’ASST a rifondere le spese.

Questa sentenza  fa giustizia nei confronti della lavoratrice e chiarisce ancora una volta la corretta applicazione di una norma spesso applicata con arroganza dalle amministrazione contro le quali l’USB è dovuta intervenire molte volte in questo decennio, riuscendo sempre a garantire i diritti dei lavoratori, spesso abbandonati al loro destino dagli altri sindacati, sempre più coinvolti in un sistema di complicità con le aziende.