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Basta con le ambiguità, è ora di promuovere un piano di azione contro la guerra e non solo vuoti appelli alla pace: 5 aprile a Piazza Ss. Apostoli, Roma

Nazionale -

Mentre è in campo un colossale programma di riarmo europeo, accompagnato da un piano di riorganizzazione su scala continentale che mira a favorire la centralizzazione delle decisioni di politica estera e di difesa, con un orientamento sempre più esplicito verso la preparazione dell’opinione pubblica europea ad un futuro di guerra, occorre che le forze che vogliono battersi per la pace si diano un piano di lavoro comune. Chi lavora per la guerra si è messo in moto e marcia spedito, anche se per fortuna il fronte guerrafondaio non è privo di contraddizioni e la direzione verso cui tende non manca di ostacoli e di incognite. Ma chi vuole battersi per la pace è al lavoro per costruire un piano alternativo che abbia come primo punto la resistenza alle politiche di guerra?

La manifestazione di Piazza Barberini di sabato scorso costituisce senz’altro un buon punto di partenza ma c’è tantissimo lavoro da fare. Serve soprattutto una strategia che colleghi la società reale, non solo quindi quella politicamente sensibile ma quelle che un tempo si chiamavano le masse popolari, la parte più sofferente del Paese, ad un programma di lotta che tenga insieme rivendicazioni sociali e opposizioni alle politiche di guerra.

Questo è il senso della iniziativa che l’USB terrà il 5 aprile a Roma in piazza Ss. Apostoli.

Al primo punto c’è la questione dei salari. Come ha certificato l’OCSE pochi giorni fa, in Italia i salari sono più bassi del 7% rispetto al 2021 ed i rinnovi contrattuali in corso sono molto lontani dal prevedere un recupero del potere d’acquisto perduto. Mentre i profitti di banche ed aziende sono saliti alle stelle, il nostro sistema contrattuale rimane ancorato saldamente ai vincoli di accordi interconfederali che non vengono rimessi in discussione da Cgil, Cisl e Uil

Al secondo punto c’è la questione sociale, il peggioramento generalizzato delle condizioni di vita, il rialzo dei prezzi, dalle tariffe agli affitti, dalla sanità ai trasporti, e la condizione di difficoltà crescente che vive una fetta sempre più ampia della popolazione. Mentre il piano ReArm Europe prevede cifre colossali per l’acquisto e la costruzione di nuovi armamenti, le risorse stanziate per far fronte all’aumento delle disuguaglianze non si trovano.

E al terzo punto ci sono le politiche di guerra e la militarizzazione della società e dell’informazione e l’attacco alle libertà e alle agibilità politiche. E c’è il tema della conversione della nostra industria civile in industria militare.

Solo tenendo assieme i diversi aspetti delle politiche che oggi soffriamo potremo portare la società a ribellarsi a questi piani che oggi non sono più semplici propositi ma scelte pratiche in corso di attuazione. Il clima di guerra costringe ad uscire dall’ambiguità e a dimostrare coerenza, tenendo assieme i fili di un’unica politica che vuole la pace ma anche un’alternativa alla stagione dei bassi salari, del lavoro sottopagato e della deindustrializzazione.

Dopo la manifestazione di Piazza del popolo di sabato 15 marzo, dove hanno convissuto posizioni esplicitamente a sostegno del riarmo europeo e della costruzione di una Unione europea come superpotenza con chi invece è andato in piazza per la pace con la bandiera arcobaleno, ora Landini lancia un appello a riunirsi per discutere “di pace e disarmo ma anche di lavoro, politica industriale e investimenti”. Fumo negli occhi al posto di scelte chiare e coerenti, dai contratti fino alla lotta senza quartiere al piano ReArm Europe.

Non è il tempo delle mezze misure, del siamo per la difesa e non per il riarmo, dell’andiamo in piazza anche con chi ha posizioni diverse da noi. È il tempo delle scelte chiare, quelle che Landini non vuole fare.