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Beni Culturali, USB: aperture straordinarie dei musei durante le feste, di nuovo arte e sfruttamento!

Roma -

Quest’anno il Ministero dei Beni Culturali ha stabilito per siti e musei statali aperture straordinarie nelle date del 25 dicembre e del 1° gennaio, allo scopo di garantire ai turisti la possibilità di accedere al patrimonio culturale.

Una scelta che ha coinvolto solo alcune Direzioni museali regionali e ha previsto incentivi solo per i dipendenti ministeriali, che comunque avrebbero potuto decidere se aderire o meno.

La stampa e i media hanno elogiato ampiamente tale progetto di “valorizzazione straordinaria”, esibendolo come un successo e riportando stime che non sono affatto rappresentative: vediamo perché. La maggior parte dei dati accorpava i numeri relativi a 25–26 dicembre, una bella trovata per mascherare il flop registrato dalle aperture natalizie. Nel giorno di Natale, data simbolicamente legata ai pranzi di famiglia, la maggior parte dei musei è rimasta chiusa e quei pochi aperti hanno registrato entrate irrisorie: un migliaio di ingressi al Parco del Colosseo, circa 700 tra Pompei ed Ercolano, 130 al MANN, poco più di una decina tra Castello Sforzesco e MarTa, una sola persona alla Pinacoteca Nazionale di Bologna.

Quest’ultima merita una menzione a parte: l’apertura di Natale è stata garantita dalla direttrice e da funzionari esterni, mentre il personale ha svolto un presidio di protesta contro le aperture stesse e l’imminente esodo dei colleghi di Ales S.p.A., trasferiti forzatamente nel polo di Firenze a partire dall’anno nuovo; il 1° gennaio l’istituto è invece rimasto chiuso.

Inoltre i musei e siti rimasti aperti hanno comunque offerto, in diversi casi, un servizio ridotto per mancanza di personale sufficiente a garantire l’apertura, la fruizione e tutte le attività ordinariamente attive nei musei. Di contro, i visitatori hanno pagato il biglietto d’ingresso a prezzo pieno. È questo il servizio pubblico che ci si vanta di aver offerto?

Di fronte a questo quadro, decisamente desolante, si aggiunge un elemento ulteriore: l’accordo nazionale avrebbe dovuto garantire, tramite l’istituzione di tavoli di trattiva decentrati, la presenza delle condizioni per le aperture tra cui anche la volontarietà dei lavoratori e delle lavoratrici in appalto. Nella maggior parte dei casi non c’è stato il tempo tecnico per svolgere questi tavoli e dove ci sono stati la scrivente O.S. ha ritenuto non ci fossero le condizioni per firmare. Denunciamo perciò che “la volontarietà” millantata dal Ministero Sangiuliano è stata una condizione cui non hanno potuto far riferimento i dipendenti esternalizzati, che sono stati impiegati dove l’adesione ministeriale è risultata tale da rendere possibile le aperture. Questa categoria di lavoratori e lavoratrici, enormemente impiegata in tutti i musei statali e parchi archeologici, è stata obbligata a lavorare senza gli incentivi previsti per i dipendenti del MIC, percependo esclusivamente le maggiorazioni ordinarie previste dai CCNL di riferimento, tra cui i più applicati sono Multiservizi e Servizi Fiduciari.

Con il Coordinamento dei lavoratori della Cultura in appalto e atipici, USB si era già pronunciata negativamente sulle intenzioni del Ministero: in un settore ormai dominato dalla logica degli appalti e delle esternalizzazioni, era evidente che le aperture straordinarie avrebbero reso le festività l’ennesima occasione di sfruttamento. Le denunce e il riscontro dai lavoratori non ha potuto che confermare ciò che avevamo già espresso all’interno della mobilitazione dei lavoratori in appalto dei Musei Civici di Milano, dove siamo stati protagonisti di un posizionamento pubblico contrario all’imposizione di lavorare per pochi spiccioli in più durante le festività.

*Dati tratti dall’indagine interna condotta dall’associazione Mi Riconosci?

USB SLANG 

Lavoro privato - Cultura