AREA STAMPA

Dipartimento Comunicazione

Tel./Phone:
(+39) 3456712454

Fax:
(+39) 06 54070448

e-mail:
areastampa@usb.it

Roma, via dell'Aeroporto 129

Argomento:

Chi ha paura del salario minimo (per legge)?

Nazionale -

Se parliamo di introdurre un salario minimo per legge in Italia non è per realizzare una legge che non abbia alcun effetto concreto sulla realtà, cioè che non riesca a produrre un rialzo sui salari più bassi e da fame, che sono purtroppo i salari percepiti da milioni di lavoratori.

La risposta di Confindustria all’idea di introdurre una legge sul salario minimo, che istituisca una soglia di almeno 9 euro sotto la quale diventi illegale scendere, è che in questo modo si incentiverebbe il lavoro nero e si colpirebbe la contrattazione collettiva. Cgil, Cisl e Uil hanno utilizzato finora grosso modo gli stessi argomenti per contestare l’ipotesi della legge. Ora però la Cgil furbescamente si dice d’accordo con l’introduzione di una legge che non dovrebbe far altro, però, che rimandare ai minimi salariali stabiliti dalla contrattazione collettiva.

Purtroppo, anche la direttiva della Commissione Europea in materia di minimi salariali, a cui spesso rimandano molti di quelli che intervengono sul tema, lascia aperta la possibilità di optare tra le due strade, soglia minima per legge o riconoscimento dei minimi contrattuali. Si tratta però di due strade che avrebbero un impatto in Italia completamente diverso.

Mentre la prima ipotesi, quella della soglia minima, se ben formulata, facendo esplicito riferimento ai Minimi Tabellari presenti in ogni contratto nazionale, e fissata ad un livello non inferiore ai 9 euro, avrebbe il merito di costringere tutto il sistema della contrattazione a riadeguarsi in funzione dei nuovi minimi, con un effetto positivo inevitabile verso tutta la scala salariale, l’altra ipotesi, di mero riferimento ai minimi dei contratti siglati dai sindacati maggiormente rappresentativi, lascerebbe pressoché immutata la situazione.

È vero, infatti, che i bassi salari, ben sotto i 9 euro l’ora, sono fissati dai 10 CCNL più rappresentativi, che coinvolgono cioè complessivamente il 53% della forza lavoro del paese, e sono stati tutti firmati da Cgil, Cisl e Uil, come ha spiegato bene il presidente dell’INPS Pasquale Tridico con una tabella presentata alle commissioni parlamentari durante il governo Conte 2. Non è vero quindi che i bassi salari siano il frutto della proliferazione di contratti pirata e sindacati di comodo, anche se è vero che questi fenomeni contribuiscono a peggiorare la situazione.

Se vogliamo semplicemente rafforzare il principio secondo il quale vanno rispettati dai datori di lavoro i CCNL firmati dai sindacati maggiormente rappresentativi ed eliminare dalla scena i circa 600 contratti pirata allora non è di salario minimo che stiamo parlando ma semplicemente di lotta alla giungla contrattuale che si è fortemente diffusa ed alla quale peraltro non si sono sottratte neanche Cgil, Cisl e Uil. Queste ultime, infatti, hanno comunque firmato quasi 300 dei 900 contratti nazionali attualmente in vigore e compartecipano a pieno titolo alla proliferazione contrattuale in corso in moltissimi settori.

Bisognerebbe in primo luogo stabilire che ogni settore merceologico debba far riferimento ad un solo contratto (eliminando la logica per cui ogni azienda stabilisce arbitrariamente il contratto che le conviene applicare) e garantire a tutti i lavoratori il diritto ad eleggere i propri rappresentanti in ogni settore e attività (nel mondo delle piccole e piccolissime aziende i lavoratori oggi non hanno diritto ad alcuna rappresentanza).

La questione della giungla contrattuale è concreta ma non può rappresentare un alibi per impedire di intervenire sulla piaga dei bassi salari. La soglia a 9 euro produrrebbe una spinta verso l’alto in tutti i contratti, pirata o no, e costringerebbe tutti ad adeguarsi alle nuove condizioni di legge. E questo non impedirebbe certo di intervenire con un altro provvedimento di legge per mettere ordine nel sistema dei contratti ed affrontare il nodo della rappresentanza.

Lo sciopero generale del prossimo 11 ottobre è l’occasione giusta per rimettere al centro la lotta contro i bassi salari e per l’introduzione di una soglia minima che dia una spinta verso l’alto a tutte le retribuzioni.

 

Unione Sindacale di Base