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CNEL, l’incompiuta di Giorgia Meloni

Roma -

Il governo continua a rinviare l’approvazione in Consiglio dei ministri del rinnovo del CNEL, organismo di rango costituzionale scaduto ormai da mesi. Mentre la presidente Meloni da una parte invoca l’intervento del CNEL per risolvere l’impasse in cui si trova sull’adozione del salario minimo, dall’altra non ha il fegato di portare fino in fondo la coraggiosa scelta operata qualche mese fa di rivedere la composizione della rappresentanza delle parti sociali, riducendo quella di Cgil Cisl Uil per permettere l’ingresso di altre organizzazioni, tra cui l’USB, riconoscendo di fatto che il monopolio della rappresentanza da parte delle confederazioni concertative non poteva più reggere di fronte alla crescita impetuosa di altre organizzazioni sindacali.

Sono ormai passati mesi da quando la PCM ha diramato la lista dei nuovi componenti del Consiglio indicati dalle organizzazioni sindacali, è trascorso il tempo in cui era possibile presentare ricorsi avverso le scelte della PCM, sono state ascoltate le parti che hanno presentato ricorso, ma non c’è stato il varo del provvedimento, nonostante la legge definisca tempi e modalità che scandiscono le varie fasi del procedimento di costituzione del CNEL, senza lasciare al Governo alcuna libertà di dilazionarle o modificarle a proprio piacere.

E allora deve essere successo qualcosa che ha messo parecchia paura al governo.

L’aver sottratto seggi a Cgil Cisl Uil, che pure ne conserverebbero in abbondanza, ha messo in crisi la loro strategia tesa a cercare di nascondere il proprio inesorabile declino e la crescita dell’alternativa sindacale di base, conflittuale e di classe.

Avevamo salutato con favore, e un po’ di stupore, la scelta del governo Meloni di rompere lo schema consueto, che vedeva assegnare i seggi a disposizione ai soliti noti, e affermare con coraggio che sì, in Italia c’è altro oltre Cgil Cisl Uil e questo “altro” oggi non solo organizza e rappresenta centinaia di migliaia di uomini e donne, ma ha capacità di azione e di proposta sindacale.

Il CdM di lunedì 28 agosto per l’ennesima volta non ha discusso e deciso, nonostante il governo continui a confidare nel CNEL perché suggerisca una via d’uscita alla questione del salario minimo. Meloni si trova quindi ad affidare a un Consiglio scaduto e non rinnovato, un compito che il governo ritiene di rilievo strategico. Non ci aspettavamo una così plateale dimostrazione di subordinazione agli strepitii di Landini, Sbarra e Bombardieri, che non perdono occasione di minacciare sfracelli e scioperi generalissimi per respingere l’attentato di lesa maestà che si compirebbe con l’istituzione del nuovo CNEL. Ovviamente possiamo sbagliarci, ma fin qui tutto conferma che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.

Unione Sindacale di Base