AREA STAMPA

Dipartimento Comunicazione

Tel./Phone:
(+39) 3456712454

Fax:
(+39) 06 54070448

e-mail:
areastampa@usb.it

Roma, via dell'Aeroporto 129

Argomento:

Dallo stato sociale allo stato di guerra: Venerdi 20 giugno sciopero generale, sabato 21 giugno manifestazione nazionale contro la guerra e il riarmo

Roma -

Mentre continuano a soffiare sempre più forte i venti di guerra nel cuore dell’Europa col conflitto in Ucraina e in Medio Oriente con l’escalation del progetto terrorista perpetrato dallo Stato di Israele nei confronti del popolo palestinese, nel nostro paese si inaspriscono le politiche portate avanti nei confronti delle condizioni sociali di milioni di cittadini e cittadine, fatte di  bassi salari, aumento vertiginoso del costo della vita  e distruzione di quel residuo di Stato sociale faticosamente conquistato con le lotte sindacali dei decenni precedenti. Con la guerra sta mutando profondamente anche l’indirizzo e la natura del nostro Stato, orientando tutte le politiche pubbliche al reperimento delle risorse necessarie al progetto di difesa comune europea che, attraverso la folle corsa al riarmo, vuole attribuire al nostro paese e più in generale all’Unione europea, un ruolo da protagonista bellico nello scontro che si sta giocando tra le potenze mondiali.

Quell’articolo 11 della Costituzione e tutte la prima parte di essa che individua un pacchetto di diritti sociali che dovrebbero costituire l’ossatura delle politiche del nostro paese, vengono letteralmente stracciati e sacrificati alla folle logica della guerra e della corsa al riarmo.

“L’Italia ripudia la guerra” si trasforma in “L’Italia ripudia lo stato sociale, in nome della guerra”.

Lo dicono freddamente da un lato, le stratosferiche cifre che fotografano la vertiginosa impennata delle spese militari nel nostro paese balzate nel 2025 a più di 32 miliardi di euro (più 4 miliardi rispetto al 2024) e proiettata verso i 45 miliardi per allineare il nostro paese agli obbiettivi NATO; dall’altro la miseria delle risorse stanziate per i nostri rinnovi contrattuali pubblici (8 miliardi, che hanno determinato nelle Funzioni centrali, unico contratto sottoscritto, una perdita secca del 10 percento del potere di acquisto delle retribuzioni) e il progressivo depauperamento dei servizi pubblici a partire dall’inesorabile decremento della spesa sanitaria che colloca il nostro paese al sedicesimo posto in Europa con un gap di ben 47 miliardi

L’opposizione alla guerra e il coinvolgimento politico militare del nostro paese, non è quindi solo la giusta opposizione etica alla barbarie e al massacro, ma è anche contrasto a un progetto che attacca le nostre condizioni di vita e mina alle fondamenta la funzione sociale delle politiche pubbliche.

Far levare anche nei luoghi pubblici un No forte e chiaro alla guerra significa, quindi, lottare per rinnovi contrattuali veri, quelli non ancora sottoscritti e quelli già ipotecati con misere risorse per il prossimo triennio, e più in generale respingere un progetto che è destinato a cambiare radicalmente il volto del nostro paese.

Venerdì 20 giugno sciopero generale e sabato 21 giugno manifestazione contro la guerra e il riarmo.

Per costruire un futuro fatto di pace, di salari adeguati e benessere sociale, per dire No allo Stato di guerra.

USB Pubblico Impiego