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Fumate nere e rinvii: le parole del 2020 per l’acciaio di Piombino

Piombino -

Abbiamo letto delle dichiarazioni fin troppo ottimistiche sulla vicenda Jindal fatte da parte dell'azienda dopo l'incontro al Mise svoltosi oggi, mercoledì 30 dicembre, ma la situazione reale non è così. Le cose non stanno andando bene anzi sono più confuse che mai. 

Non esiste nessun contratto con RFI ma solo una semplice “promessa”, non esiste alcuna certezza della partecipazione dello stato all'interno di Jindal, non esistono neanche certezze sulle bonifiche, ma solo la riproposizione dei certificati bianchi per poterle fare. Non esiste nessun piano industriale, né per il forno elettrico, né per gli altri impianti. Esiste solo la carenza di sicurezza all'interno della fabbrica, quella sì. 

Il prendere o lasciare del ministro Patuanelli di 15 giorni fa non è valso a nulla, le solite parole al vento. Il 31 di dicembre scadono le concessioni portuali, ma non vediamo la volontà dell'azienda di andare avanti su Piombino. Tutto è stato rinviato nuovamente a febbraio.

I lavoratori si sono decurtati lo stipendio e hanno accettato anni di cassa integrazione perché credevano in una rinascita dell'acciaio a Piombino. Una rinascita che passasse anche da una maggiore attenzione per l’ambiente con l’utilizzo di tecnologie moderne. I loro sacrifici a cosa sono serviti? Si chiude il 2020 con niente di fatto, anzi, l'unica cosa che hanno saputo fare è “sciacallare” sulla pelle dei lavoratori. Pensano alla timbratura sui reparti con impianti che cadono a pezzi… 

Le ultime notizie uscite sulla stampa dicono che Jindal per andare via da Piombino vuole 120 milioni dopo che l’acciaieria è stata comprata con 70 milioni.  Le dichiarazioni fatte dal signor Jindal in persona al Metropolitan di Piombino nel lontano 2018 dove si sono perse? "Siamo tutti una famiglia, investimenti con tre forni elettrici, impiantati all'avanguardia circondati da giardini con piante e fiori", non è stato fatto niente di tutto ciò, hanno solo svenduto siluri cavi di rame rimasti inutilizzabili nei vecchi impianti della ex area a caldo, zero manutenzioni, pezzi di ricambio cercati nei parchi rottami e via dicendo.

Come ribadiamo le nostre posizioni chiare. Deve essere fatto un tavolo nazionale dell'acciaio come annunciato anche dal ministro Patuanelli, un modo per riunire tutte le vertenze da Piombino a Taranto e a Terni.  Il Governo, perennemente in confusione anche per i suoi problemi-litigi interni, non sa che fare e non decide su Piombino e insieme all'azienda allunga l'agonia dei lavoratori. La Regione Toscana con il suo presidente e la sua giunta si blinda nelle mura del palazzo senza presentare una sua linea sulla vertenza. Ancora più grave, non ha ancora risposto alla nostra richiesta d’incontro nonostante la nostra organizzazione rappresenti diversi lavoratori. Il Comune di Piombino avrebbe il potere e le conoscenze, attraverso i loro politici regionali e nazionali, di portare la vertenza di Piombino nei palazzi che contano, ma anche su questo fronte niente.              

I lavoratori piombinesi sono stati abbandonati da tutta la politica regionale e nazionale. Dopo le passerelle delle elezioni regionali con promesse su promesse da parte di tutti i partiti, non si è ancora capito che la nostra situazione è grave e che c'è in ballo la sopravvivenza di una comunità e delle sue famiglie, da un momento all'altro potrebbero ritrovarsi senza un salario se non si inizia ad investire seriamente. Dove sono i valori e gli ideali quando si prendono in giro i lavoratori? 
                      
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