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Guerra, povertà e repressione: contro la ricetta del governo Meloni anche i giovani, le precarie, gli inquilini, le pensionate e i migranti in sciopero generale

Roma -

L'odio del governo Meloni contro i giovani, le donne, gli abitanti delle periferie, i migranti e la classe lavoratrice tutta non è nulla di nuovo. Ma è in perfetta continuità con le politiche antipopolari che i governi a guida centro-sinistra e i governi "tecnici" hanno inflitto negli ultimi decenni in nome del profitto e della competitività europea, precarizzando il lavoro e smantellando pezzo dopo pezzo tutto quel prezioso welfare che le lotte dei lavoratori erano riusciti faticosamente a conquistare.

La novità del governo Meloni sta nell'ulteriore salto di qualità del livello di attacco ad ogni singolo aspetto della vita e della riproduzione sociale, all'interno di una cornice mondiale di guerra in cui l'unica funzione dello Stato è quella di costruire un'economia in grado di supportarla, senza però ora redistribuire più nemmeno le briciole verso il basso. L'eliminazione del reddito di cittadinanza e l'austerità con cui è stato pensato il nuovo Piano strutturale di bilancio vanno proprio in questa direzione: da un lato dirottare tutti i fondi pubblici possibili verso l'industria bellica e il riarmo, dall'altro continuare a tagliare sulle spese sociali, sulla sanità pubblica e sulle pensioni, che nel 2025 vedranno un aumento mensile di tre miseri euro.

Tutto ciò mentre bollette, affitti ed ogni merce e bene di prima necessità ha subito un aumento spropositato: pane +35%, olio +121%, pomodoro +44%, acqua +13,2%. A questi non è corrisposto nessun aumento dei salari per milioni di famiglie e lavoratori che, a fronte degli intoccabili extraprofitti di banche, multiutility e grandi imprese, hanno visto il disintegrarsi del loro potere d'acquisto.

La stretta repressiva del ddl 1660 e gli attacchi al diritto di sciopero sono l'altra novità di questo governo dichiaratamente razzista e antipopolare: una torsione autoritaria che mira a stroncare con aumenti di pene chiunque provi ad organizzarsi per opporsi a questo peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, usando il pugno di ferro contro gli studenti che occupano le scuole, chi organizza i picchetti davanti alle fabbriche e per resistere agli sfratti, contro i migranti che non accettano condizioni disumane dentro i cpr e i cas.

Per quanto la Meloni si vanti di aver diminuito in questi due anni di governo la disoccupazione giovanile, femminile e di aver rilanciato la produttività del Paese, sappiamo bene che la realtà dei fatti è ben diversa: mentre chiudono gli stabilimenti produttivi rimasti e migliaia di lavoratori finiscono in cassaintegrazione, aumenta il numero dei Neet e di chi finisce nella giungla del lavoro sottopagato del settore terziario. Più occupati sì, ma occupati nel settore economico in cui dominano strutturalmente contratti atipici, precari e part time involontari, e in cui si concentrano i Ccnl con i salari più bassi di questo Paese (servizi fiduciari, commercio, pubblici esercizi, multiservizi), a causa dell'assenza di un salario minimo per legge che si opponga oggi a quella contrattazione al ribasso di cgil-cisl-uil che ha permesso di legalizzare lo sfruttamento.

L'economia della terziarizzazione che il governo Meloni vuole continuare a portare avanti è l'economia della precarietà e della povertà, che ci condanna ad un presente di miseria e ci toglie ogni prospettiva pensionistica. è l'economia che riduce sempre più fasce sociali senza diritti non solo sul posto di lavoro, ma anche nell'impossibilità di accedere economicamente a quello che rimane dei servizi pubblici. è l'economia della turistificazione e dei grandi eventi, quella che trasforma le città in vetrine, espellendo ai margini i poveri e mettendo al centro la rendita e la speculazione immobiliare degli Airbnb e dei palazzinari.

Come Federazione del Sociale lanciamo un appello a scioperare e a scendere in piazza il 13 dicembre a quella parte di società che, come noi, più di tutte continua ad essere colpita da questa macelleria sociale e dai costi delle politiche guerrafondaie. Come giovani, lavoratrici in appalto dei musei, migranti, rider a finta partita iva, tirocinanti della pubblica amministrazione, inquilini delle case popolari e sotto sfratto, lavoratori della ristorazione, del turismo e della cultura, richiedenti asilo e pensionati saremo in piazza il 13 dicembre per lo sciopero generale e generalizzato.

Salario, casa, diritti, dignità!