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Argomento:

IIT Genova, mobilitarsi per combattere un sistema discriminatorio e arcaico!

Genova -

L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) è una fondazione privata aventel'obiettivo di promuovere l'eccellenza nella ricerca di base e in quella applicata e di favorire lo sviluppo del sistema economico nazionale.

L’ente pur essendo privato, è finanziato in larga prevalenza dallo Stato, nella misura riportata a 100 milioni l’anno dal governo Meloni dopo la progressiva riduzione a 93 milioni degli anni passati, che superavano comunque abbondantemente i 100 milioni considerando i canali di finanziamento non governativi ma afferenti ad altre strutture pubbliche sia nazionali che comunitarie.

Il personale è composto da 1900 lavoratori, divisi in circa 600 dipendenti amministrativi e tecnici e 1300 ricercatori. Ai dipendenti non è applicato alcun contratto di categoria: sono assunti con contratto individuale tra lavoratore e Fondazione. I ricercatori, invece, sono prevalentemente borsisti e cococo, quindi precari.

Il presidente dell’IIT, Gabriele Galateri di Genola, nella lettera che apre il bilancio 2021 vanta ottimi risconti per la Fondazione sia in termini di pubblicazioni scientifiche, sia in termini economici (compresi i ricavi più alti di sempre derivanti dai brevetti) ma, come da prassi della dirigenza che si è succeduta ai vertici della Fondazione, non spende una parola in merito all'inaccettabile inquadramento del personale.

Così facendo, pur senza affermarlo esplicitamente, avalla l’equazione per cui i risultati lusinghieri si raggiungono esclusivamente privando i lavoratori dei diritti più elementari, come:

  • un rapporto di lavoro stabile;
  • il buono pasto;
  • l’inquadramento basato su mansioni compiutamente definite;
  • la progressione di carriera;
  • salari adeguati alla professionalità espressa nel proprio ambito;
  • la promozione attiva e partecipata della sicurezza sul luogo di lavoro. 

Tutto questo deriva dal fatto che la Fondazione, in prima battuta, nega il diritto dei propri lavoratori a farsi rappresentare dalle organizzazioni sindacali.

Al contempo però – e non stranamente – la Fondazione riconosce al proprio Direttore Scientifico l’inquadramento massimo previsto per i dirigenti della Pubblica Amministrazione, ed applica ai dirigenti delle funzioni tecnico/amministrative e delle linee di ricerca il CCNL Dirigenti Industria. Curiosamente tale specificazione, presente fino alla relazione della Corte dei Conti 2019, sparisca dalla relazione 2020.

Tutto ciò può stupire, ma non deve sorprendere. Stupisce perché è la dimostrazione empirica che in Italia non esiste alcuna ridotta di lavoratori presuntamente privilegiati, nemmeno in un settore ad elevatissimo valore aggiunto come quello della Ricerca.

Non deve sorprendere perché è l’ennesima dimostrazione che il nostro sistema paese genera eccellenze esclusivamente sulla schiena dei lavoratori, a cui lo sfruttamento è cucito su misura, settore per settore, accomunando il bracciante agricolo all’operaio di Stellantis o ex Ilva, il facchino della logistica al dipendente pubblico, fino a coloro che sviluppano saperi e tecnologia nelle fondazioni di ricerca.

Il minimo comune denominatore, per tutti i lavoratori di questo Paese, è quello dello sfruttamento, della totale mancanza di riconoscimento del proprio ruolo sociale. Di più, al lavoratore è negata anche la legittimità di reclamare il proprio interesse, perché quello che conta è il “merito” di cui nessuno tra i suoi cantori indica un’unità di misura o dei confini, che in IIT diventano totalmente discrezionali e intangibili.

Per USB, e per i lavoratori dell’IIT che gli hanno concesso fiducia, tutto questo è inaccettabile! Siamo convinti che un settore apicale della catena del valore, come la Ricerca, non possa essere abbandonato a relazioni lavorative e sindacali degne dei padroni delle ferriere ottocenteschi.

Non riteniamo accettabile che un istituto che si regge quasi completamente sul finanziamento pubblico, quindi sulla fiscalità generale (sostenuta da lavoratori e pensionati, perché sappiamo benissimo che per i padroni l’elusione fiscale è la norma), diventi terreno di caccia per carrieristi col mito della Silicon Valley negli occhi o per aspiranti “imprenditori” che in proprio non rischiano un centesimo, coltivando sotto inquadramento del personale dipendente e precariato per il personale scientifico.

USB e i lavoratori dell’IIT esigono il riconoscimento del proprio ruolo, della professionalità che spendono giornalmente nell’Istituto e non sono più disposti ad accettare alcune retorica e narrazione volta a mistificare i loro interessi.
Per questo continueremo a mobilitarci con determinazione, per combattere un sistema discriminatorio e arcaico.

Contratto subito!

Unione Sindacale di Base – Istituto Italiano di Tecnologia