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Il caldo asfissiante uccide i lavoratori: serve lo stop alle attività a rischio nelle ore più calde, troppi 35 gradi per accedere alla cig

Lodi -

Un operaio lombardo di 44 anni martedì ha perso la vita a Lodi, stroncato da un malore mentre lavorava sotto il sole con una temperatura percepita di 40 gradi. Il lavoratore stava tracciando la segnaletica orizzontale in un piazzale di asfalto completamente esposto al sole, una situazione ad alto rischio vista l’ennesima ondata di caldo torrido che si sta abbattendo sul nostro Paese.

Nella stessa giornata un altro lavoratore, che si è sentito male mentre lavorava su un tetto a Brescia, è stato ricoverato in codice rosso ma grazie al prodigarsi dei medici è riuscito a salvarsi. E a Tortona, dove il caldo ha fatto saltare la copertura di un silos in un impianto di betonaggio, nove operai hanno rischiato grosso ma sono riusciti ad allontanarsi ai primi segnali di pericolo e se la sono cavata con danni leggeri causati dalla nuvola di cemento sprigionatasi.

L’Unione Sindacale di Base e Rete Iside hanno avviato una campagna sui rischi del caldo sul lavoro, che in settori come l’agricoltura e l’edilizia può costare la vita a lavoratori e lavoratrici. Le morti da stress termico, purtroppo, sono una realtà che va combattuta con provvedimenti presi in tempo reale: interrompere le attività lavorative a rischio nelle ore più calde – o anche vietarle in assoluto in casi limite - può essere l’unico modo per salvare la vita di chi si trova ad operare in condizioni di massima esposizione al caldo.

In passato molti lavoratori sono stati vittime dei colpi di calore. Il 10 luglio 2022 si era fermato il cuore di un ventenne impegnato in una serra nel Casertano, mentre il 27 dello stesso mese aveva perso la vita un cinquantaseienne nel Ferrarese. Ricordiamo ancora Camara Fantamadi, bracciante maliano di soli 27 anni deceduto nel 2021 mentre lavorava nei campi del Brindisino, un decesso che seguiva quello di un altro operaio agricolo di 57 anni deceduto pochi giorni prima a Pavia a causa di un colpo di calore. La lista è purtroppo molto lunga: Giuseppina Spagnoletti, 39 anni, morta il 31 agosto 2017 a Ginosa (Taranto) per un malore causato da fatica e caldo insopportabile; Paola Clemente, 49 anni, morta ad Andria il 13 luglio 2015 mentre lavorava sotto i teli di plastica di una serra in un’azienda vinicola. Pochi giorni dopo perse la vita Mohammed, quarantasettenne sudanese, impiegato nella raccolta di pomodori nelle campagne di Avetrana.

Lo stop alle attività lavorative a rischio nelle ore più calde deve essere ordinato al più presto su tutto il territorio nazionale, ma ad oggi solo le Regioni Puglia, Calabria e Basilicata hanno emesso ordinanze, in vigore fino al 31 agosto, che vietano il lavoro in condizioni di esposizione al sole ed al calore tra le 12,30 e le 16, qualora la mappa del rischio indichi un livello alto. In situazioni come quella verificatasi a Lodi, inoltre, con temperature oltre i 35 gradi e l’alta esposizione al sole, poteva essere attivata la cassa integrazione apposita: i lavoratori avrebbero dovuto e potuto non trovarsi in quel parcheggio. Già l’anno scorso avevamo giudicato troppo alto il limite dei 35 gradi per far scattare la cassa integrazione: misure simili in altri Paesi vengono prese quando si supera il limite dei 30 gradi, intervenendo in maniera strutturale sull’orario di lavoro, come ad esempio in Svizzera, dove in agricoltura e nei cantieri il lavoro inizia alle 6 e si conclude alle 13. Anche in Italia occorre quindi un’azione istituzionale forte che costringa le aziende allo stop delle attività produttive quando si verificano condizioni microclimatiche che mettono a rischio la vita di chi lavora.

USB e Rete Iside continueranno a richiedere lo stop delle attività produttive in tutta Italia quando si superano temperature a rischio. Ricordiamo l’importante campagna per l’introduzione del reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime nel codice penale, una lotta che accomuna il sindacato e l’associazione e che è diventata una legge di iniziativa popolare insieme ad altre forze politiche e sociali: siamo convinti che in questo modo non sarà più possibile per la parte padronale speculare sulla vita di chi lavora, ignorando e tagliando le misure di sicurezza per risparmiare o aumentare la produzione.

 

Unione Sindacale di Base

Rete Iside