Il Servizio Sanitario Nazionale è sull’orlo del baratro: eliminare ogni finanziamento ai privati e tornare allo spirito originario del SSN
Il rapporto sul “Coordinamento della finanza pubblica” della Corte dei Conti certifica nero su bianco l’esistenza del baratro nel quale è destinato a precipitare il Servizio Sanitario Nazionale. L’inflazione che già oggi divora l’esiguo finanziamento del Fondo sanitario nazionale causerà nel 2024 una diminuzione reale dell’11,5% e saranno 15 i miliardi che verranno a mancare rispetto a quanto previsto dal DEF.
Sempre 15 sono le regioni che, a causa del deficit eccessivo dovuto anche ai mancati trasferimenti dei rimborsi per le maggiori spese sostenute per fronteggiare l’emergenza Covid, rischiano il commissariamento e di entrare nel piano di rientro finanziario con l’obbligo di tagliare quel poco delle prestazioni e dei servizi rimasti. Già ora è compromesso il diritto alla cura e in 7 regioni non viene garantita l’erogazione dei LEA.
Sempre la Corte dei Conti evidenzia che, a livello nazionale, a fronte delle prestazioni saltate durante il Covid, solo il 66% dei ricoveri ospedalieri è stato recuperato, mentre nelle regioni del Sud già abbondantemente interessate dai commissariamenti, il dato si ferma al 40%. Sovrapponibili sono i dati del recupero per esami e visite specialistiche con il Sud ancora indietro, immobile al 15%. A questo si aggiunge la “rimodulazione” degli obiettivi per la sanità del PNRR che prevede la soppressione di 414 Case di comunità e di 96 Ospedali di comunità e che, la fantasia non manca davvero, dovrebbero essere in seguito rifinanziati con i fondi per l’edilizia sanitaria stanziati nel 1988 e mai spesi.
In più ci chiediamo, a fronte del folle tetto di spesa per il personale – che non può superare quello dell’anno 2004 diminuito del 4% - come verrà reperito e retribuito il personale medico e infermieristico che dovrà lavorare nelle superstiti strutture territoriali e ci domandiamo come si convinceranno i Medici di medicina generale a lavorare nelle Case di comunità vista la strenua resistenza opposta sino a oggi. Vengono mantenuti invece gli obiettivi relativi alla telemedicina con la concreta prospettiva che le popolazioni di interi territori in zone disagiate e con scarsa densità demografica vengano abbandonate a loro stesse e addio alla sanità territoriale tanto invocata durante il Covid.
Non poteva poi mancare il solito raccapricciante appello dei padroni della sanità privata che, mai sazi, si mettono a disposizione, bontà loro, per ridurre le liste di attesa e recuperare le prestazioni invocando una “seria programmazione” fra pubblico e privato. Chiaramente questa “seria programmazione” potrà avvenire solo eliminando definitivamente il tetto di spesa per l’acquisto di prestazioni dal privato e, a conforto di questa richiesta, viene portata l’efficienza nello spendere integralmente quanto stanziato per l’abbattimento delle liste di attesa rispetto al pubblico che, a causa della mancanza di personale, è invece in difficoltà. Raccapricciante e comico se si pensa che il personale sanitario è sottopagato rispetto agli altri paesi europei, che è sottoposto a turni di lavoro massacranti e che preferisce andare appena possibile in pensione, oppure licenziarsi e lavorare poi a gettone, per sottrarsi a condizioni di lavoro impossibili.
Insomma una situazione drammatica che poco fa sperare sul futuro, una situazione che per essere invertita ha necessità non dei 4 miliardi dei quali è a caccia il Governo, ma di un completo cambio di visione che riporti il SSN allo spirito originario della sua istituzione, nel rispetto dei reali bisogni dei territori e con l’eliminazione di qualsiasi forma di finanziamento e di commistione con il privato.
Tutela del diritto alla salute, finanziamenti, assunzioni e rinnovo dei contratti, questa è l’unica strada percorribile e USB, come sempre, sarà in prima fila per rivendicarla.
USB Pubblico Impiego - Coordinamento nazionale Sanità