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Intervento della USB al 29° congresso del PEO (Cipro),

Nazionale -

Cari compagne e compagni del Peo, grazie per l’invito al vostro 29° Congresso e a questo importante meeting internazionale.
PEO e USB si supportano nelle lotte da molti anni.
Porto il saluto di USB al vostro congresso e vi auguro buon lavoro.
Veniamo da una stagione di lotte importanti e significative. Gli scioperi e le mobilitazioni italiane del 22 settembre, 3 ottobre e del 28-29 novembre promosse da USB hanno visto milioni di lavoratori in piazza, bloccare tutto per sostenere la Palestina e chiedere la fine delle relazioni del governo italiano con Israele. Sono stati momenti in cui le lavoratrici e i lavoratori hanno denunciato una verità sistemica: la guerra e la militarizzazione non sono conseguenze inevitabili, ma strumenti del capitale per gestire la crisi, come ha mostrato lo sciopero del 28 novembre contro la legge di bilancio.
Negli ultimi anni, il governo italiano ha scelto di aumentare in modo massiccio la spesa militare, portandola oltre i 30 miliardi di euro, con la previsione di superare i 45 miliardi nel 2025. Questa spesa è destinata a procurement, sistemi d’arma, ricerca e export, collocando l’Italia tra i principali produttori e fornitori di armi a livello globale. Nel solo 2024, le licenze di esportazione hanno superato gli 8 miliardi di euro, con un aumento del 23,5% rispetto all’anno precedente. Questi flussi finanziano conflitti che provocano morte e distruzione e rendono l’Italia un attore complice del genocidio in Palestina, sostenendo politicamente e materialmente aggressione e occupazione.
La scelta di militarizzare l’economia non è casuale. È una strategia deliberata per affrontare una crisi strutturale del capitalismo, che da anni impoverisce salari, riduce servizi pubblici e precarizza il lavoro. Ogni euro speso in armi è un euro sottratto a sanità, scuola, welfare e lavoro dignitoso. Lo sciopero del 28 novembre ha espresso la rabbia dei lavoratori: rifiutare di pagare il costo sociale della guerra è un gesto necessario di resistenza politica e materiale.
Va considerato anche il contesto internazionale, si tratta di una crisi globale. Le grandi potenze imperialiste, a partire dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, affrontano un declino relativo della produzione industriale e una sovra accumulazione del capitale. Gli USA subiscono una perdita di peso nel settore manifatturiero e una crescente dipendenza dalla finanza, mentre la loro egemonia si regge sempre più su strumenti militari, conflitti e riarmo. Anche Europa  vive stagnazione economica, difficoltà nella riconversione produttiva, debiti pubblici elevati e crescente disuguaglianza. In questo contesto, guerra, spesa militare e militarizzazione diventano strumenti per gestire la crisi: rilanciano filiere, generano profitti altissimi nell’industria bellica, spostano risorse pubbliche dalla spesa sociale agli armamenti e rendono precaria la vita dei lavoratori.
La situazione italiana va letta anche in chiave europea. Paesi come Germania e Francia mantengono spese militari superiori al 2% del PIL e le nazioni dell’Est superano il 4%. L’Italia accelera la propria militarizzazione, pur restando in rincorsa. Questo dimostra che la spesa militare europea non è solo difesa nazionale, ma competizione economica e strategica, con impatto diretto sui diritti e sulle condizioni sociali della classe lavoratrice.
In questo contesto, il ruolo dei sindacati di classe come USB e delle organizzazioni internazionali affiliate a WFTU è cruciale. Dobbiamo denunciare apertamente il nesso tra capitalismo, guerra e sfruttamento globale, promuovere la riconversione produttiva, rivendicare salari, riduzione dell’orario, diritti e servizi sociali, e costruire solidarietà internazionale. Dobbiamo lottare contro un sistema che vuole i lavoratori sempre più schiavi. Solo con la lotta possiamo invertire questo processo.
La Palestina è centrale in questa analisi. Il genocidio, il massacro sistematico e l’occupazione quotidiana sono il frutto di un ordine mondiale fondato sulla violenza e sull’impunità. La solidarietà con il popolo palestinese è parte integrante della lotta contro l’economia di guerra e per la giustizia sociale globale.
Guerra, militarizzazione, export di armi e compressione dei diritti sono strumenti con cui il capitale gestisce la crisi. Il sindacato di classe deve opporsi a questo modello, collegando la lotta contro la guerra alla lotta per la giustizia sociale e per i diritti dei lavoratori, sia in Italia che a livello internazionale.
Per questo come USB e come WFTU sosteniamo fermare il riarmo, difendere salari e diritti, investire nei servizi pubblici, sostenere la Palestina e rafforzare i sindacati di classe, sostenere Cuba, il Venezuela e lottiamo contro le aggressioni imperialiste.
La pace non è un valore astratto ma una condizione materiale per garantire lavoro dignitoso, welfare, democrazia e autodeterminazione dei popoli.
La solidarietà internazionalista è una nostra arma
Viva l’internazionalismo proletario
Viva il 29° congresso del PEO
Viva la FSM