La crisi di credibilità della stampa nazionale di fronte alla 2 giorni di USB e il caso del “Secolo d’Italia”
L’assordante silenzio con cui i giornali legati al mondo politico e finanziario hanno commentato la due giorni di sciopero generale e manifestazione indetti da USB per il 28 e 29 novembre, conferma tutte le critiche a una stampa nazionale che ha la credibilità oramai ridotta a poco più di zero.
Altrimenti non si spiegherebbe l’impresa di aver platealmente ignorato prima uno sciopero che ha visto 50 manifestazioni in altrettante città italiane con centinaia di migliaia di persone in piazza e il giorno dopo una manifestazione di 100.000 persone che ha invaso Roma e riempito Piazza San Giovanni, cosa che non accade così di frequente.
Differente è il caso dell’articolo pubblicato ieri dal “Secolo d’Italia” che commenta come lo sciopero abbia visto adesioni da prefisso telefonico ma con disservizi generalizzati provocati a loro dire dal solo “effetto annuncio”.
Sarebbe facile liquidare la polemica ricordando che i bus, i treni e gli aerei non si fermano da soli tramite l’effetto annuncio e che questo è l’esercizio che normalmente fanno le aziende con i loro giochi di prestigio per nascondere il reale numero di adesioni. Dovremmo anche ricordare che si tratta di un giornale da tiratura davvero da prefissi telefonici internazionali e che se non fosse per i finanziamenti pubblici sarebbe da decenni già chiuso.
Però in questo caso stiamo parlando dell'organo del partito di maggioranza relativa, che esprime la presidente del Consiglio e che, ultimo ma non meno importante, ha provato a inserire nella finanziaria l'emendamento per il preavviso di sciopero obbligatorio per i lavoratori e lavoratrici.
Il terzo sciopero in meno di tre mesi ha indubbiamente pesato sui lavoratori e lavoratrici già alle prese con buste paga anemiche e aumenti irrisori decisi in rinnovi contrattuali sempre più a perdere, incluso quello dei metalmeccanici di qualche giorno fa.
Però, nascondere l'evidenza di un'adesione più che buona a uno sciopero generale è un esercizio ardito e forzato. Quindi non solo i nostri numeri sono, purtroppo per loro, ben diversi da quelli annunciati ma questa boutade è da valutarsi come tutta interna alla campagna di preparazione per l'ulteriore aggressione al diritto di sciopero che l'attuale maggioranza ha già rappresentato chiedendo la dichiarazione preventiva di adesione allo stesso.
Un attacco grave, la cui legittimità è molto dubbia e contro il quale ci batteremo con ogni strumento.
Lo sciopero arrivava sulla scia delle grandi mobilitazioni contro il genocidio palestinese di settembre e ottobre, ma questa volta si poneva l’attenzione alla finanziaria di guerra approvata dal governo Meloni e alla situazione sociale del nostro Paese, che può essere considerata come la seconda faccia della stessa medaglia dell’economia del riarmo.
La risposta positiva da parte di tanti uomini e donne di questo Paese comincia un po' a innervosire palazzo Chigi e dintorni; significa che stiamo facendo un buon lavoro.