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La necessità di rivedere le regole sulla rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro: la posizione dell’USB

Roma -

Pubblichiamo di seguito il contributo del Dottor Giovanni Piglialarmi, ricercatore dell’Università di Modena e Reggio Emilia, sul nostro convegno al CNEL dello scorso 8 luglio. L’articolo è di prossima pubblicazione sul Bollettino ADAPT 15 luglio 2024, n. 28 ed è già comparso sul loro sito. Ringraziamo il dottor Piglialarmi per il contributo e per il permesso ad ospitarlo sul nostro sito.

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L’8 luglio 2024, presso la “Sala Biagi” del CNEL si è svolto un convegno organizzato dall’Unione Sindacale di Base (meglio nota come “USB”) dal titolo “Democrazia sindacale e regole sulla rappresentanza”. Nato il 23 maggio 2010, l’USB è una organizzazione sindacale che si definisce “indipendente” e “conflittuale”, che vede nella contrattazione una leva per acquisire “nuovi diritti e nuove tutele” e che abbia “come presupposto il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita” dei lavoratori e delle lavoratrici e non la “riduzione del danno”.

In realtà, più che un convegno, si è trattata di una occasione per l’USB – per la prima volta entrata a far parte della consiliatura del CNEL (la XI) – di sostenere in una sede istituzionale le proprie posizioni critiche relative al quadro di regole che presidia i meccanismi di elezione dei rappresentanti dei lavoratori e delle lavoratrici nei luoghi di lavoro.

 Dopo i saluti istituzionali del Presidente del CNEL, Prof. Renato Brunetta – il quale non ha mancato di ricordare l’importanza dei corpi intermedi nella società italiana – il convegno ha registrato il primo intervento di Guido Lutrario, membro della segreteria confederale USB, che ha ricordato come sia importante garantire ad ogni lavoratore la possibilità non solo di scegliere da quale sindacato farsi rappresentare ma anche che il sindacato stesso possa essere messo in condizione di poter espletare quel mandato, nel rispetto di un quadro di regole condiviso. Questo principio, secondo il sindacalista, viene oggi costantemente mortificato da comportamenti e prassi che cercano sistematicamente di eludere quel corpo di regole che l’ordinamento intersindacale si è dato, a partire dall’accordo interconfederale del 28 giugno 2011. Secondo Lutrario, vi sono oggi organizzazioni sindacali le quali, nonostante la relativa capacità di mobilitazione dei lavoratori, sono rese “invisibili” ai tavoli istituzionali o estromesse da importanti trattative a causa di una mancata e compiuta attuazione delle regole negoziali sulla rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro.

 Nonostante la USB abbia contestato sin dagli albori l’impianto degli accordi interconfederali disciplinanti i meccanismi di elezione delle rappresentanze sindacali unitarie e l’esigibilità degli accordi aziendali, ha poi deciso di adeguarsi a quelle regole sottoscrivendo anche il Testo Unico della Rappresentanza del 10 giugno 2014; ciononostante, la sigla sindacale oggi contesta il fatto che chi ha ispirato e proposto quelle regole finisca per aggirarle. L’USB, infatti, ritiene che di frequente i sindacati confederali non sottopongono alla consultazione dei lavoratori gli accordi sindacali, sfuggendo così al confronto con i lavoratori. Secondo Lutrario, dunque, “il sistema si è rotto” e occorre ripensare tutto il quadro di regole, garantendo non solo una maggiore partecipazione di quelle organizzazioni sindacali che effettivamente rappresentano i lavoratori ma anche la partecipazione dei lavoratori stessi.

 All’intervento di apertura di Guido Lutrario, è seguita la relazione di Claudio De Fiores, Professore di diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”. Il docente, dopo aver ricordato le (ben note) ragioni storiche e politiche che hanno portato a non attuare la seconda parte dell’art. 39 della Costituzione, ha evidenziato che lo Statuto dei Lavoratori (legge n. 300/1970) avrebbe nei fatti finito per stabilire un monopolio della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, garantendo la possibilità di nominare dei rappresentanti sindacali nell’impresa solo ad alcune organizzazioni piuttosto che ad altre, in particolare a quelle sottoscriventi il contratto collettivo applicato dal datore di lavoro, finendo così per “sanzionare” il dissenso dell’organizzazione non firmataria. Nodo che però è stato superato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 231/2013). Lungo questo percorso si è inserito il Testo Unico della Rappresentanza il quale, tuttavia, a detta del costituzionalista, è ancora lontano dal rispettare i principi costituzionali poiché, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte Costituzionale, continua a riconoscere l’esercizio di alcuni diritti sindacali (permessi, diritto di affissione, diritto di assemblea) solo alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo applicato nell’impresa.

 Il Professor De Fiores ha quindi invocato l’intervento del legislatore per invertire la rotta, non solo prevedendo strumenti di verifica dell’effettiva rappresentatività delle associazioni sindacali ma anche per garantire alle associazioni dissenzienti l’esercizio dei diritti sindacali in azienda, specie se queste “attraverso una concreta, genuina ed incisiva azione sindacale pervengano a significativi livelli di reale consenso”, seguendo così il monito già lanciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 30/1990.

 Francesco Staccioli, altro membro della segreteria confederale USB, ha invece fatto notare, tra le tante cose, non solo che la procedura per la misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali stabilita dal Testo Unico del 2014 sia ferma al palo da almeno 10 anni ma anche che in non poche aziende italiane le rappresentanze sindacali unitarie (RSU) stiano operando di proroga in proroga, senza un reale ed effettivo mandato da parte dei lavoratori. In altri termini, il sindacalista ha lamentato il fatto che non vengono indette nuove elezioni per designare i nuovi rappresentanti dei lavoratori ma, allo stesso tempo, vengono sottoscritti accordi aziendali che il datore di lavoro ritiene esigibili, nonostante sottoscritti da un organo temporalmente decaduto (Staccioli ha, per esempio, citato il caso del Gruppo Ferrovie dello Stato, dove l’RSU, il cui mandato è giunto al termine da 6 anni, ha sottoscritto un accordo che ha rivoluzionato i sistemi di turnazione). Queste prassi continuano a mortificare, secondo il sindacalista, la partecipazione dei lavoratori alla definizione di regole per il lavoro e per il contesto in cui operano. In altri termini, i lavoratori sarebbero stati “spodestati” dell’unico organo che può al meglio rappresentare le relative istanze. L’idea del membro della segreteria confederale dell’USB è che questo modus operandi stia alimentando grossi malcontenti e disagi, che se non correttamente rappresentanti, possono cercare altre “valvole di sfogo” pericolose per la democrazia.

 L’opportunità di garantire le elezioni dei rappresentanti sindacali nei luoghi di lavoro è stata ribadita anche da Mauro Nori, già direttore generale dell’INPS, dall’ottobre 2022 Capo di gabinetto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Una proposta che ha trovato l’appoggio anche di Vincenzo Damato, Dirigente INPS. Nori ha poi evidenziato proprio come le elezioni dei rappresentanti sindacali garantiscano nei fatti il principio del pluralismo sindacale sancito dalla nostra Carta Costituzionale, negando però il sostengo all’idea di una legge generale sulla rappresentanza sindacale, eccessivamente “rigida” per governare la complessità delle società moderne e mostrandosi invece sensibile all’idea di una legislazione che, di volta in volta, possa garantire, laddove occorre, la partecipazione delle diverse organizzazioni sindacale e allo stesso tempo l’esigibilità degli accordi raggiunti.

 Il convegno ha registrato anche il contributo di due avvocati, Carlo Guglielmi e Arturo Salerni, da tempo attivi nel tutelare le istanze del sindacato. I due legali hanno illustrato brevemente quelle che, a loro avviso, sarebbero le criticità tecnico-giuridiche del Testo Unico della Rappresentanza, scaturenti anche dalle numerose vertenze giudiziarie che hanno visto coinvolta l’USB. L’aspetto maggiormente accentuato dai giuristi è stato quello relativo all’assenza di disposizioni nel Testo Unico del 2014 volte a sanzionare gli inadempimenti o i relativi ritardi dei datori di lavoro nel trasmettere i dati utili agli enti per definire la rappresentatività delle organizzazioni sindacali sottoscriventi.

Durante il convegno, hanno preso la parola anche altri rappresentanti sindacali dell’USB impegnati su diversi fronti, il quali non hanno mancato di evidenziare altre storture del principio democratico nei luoghi di lavoro: nell’ambito della contrattazione per il pubblico impiego, ad esempio, è stata segnalata la presenza di alcuni CCNL che subordinano la possibilità di partecipare alla negoziazione decentrata alla sottoscrizione dell’accordo nazionale, mortificando secondo l’USB il diritto al dissenso; nel settore dell’igiene ambientale, invece, le RSU, decadute nel 2020, continuano a sottoscrivere accordi aziendali senza alcun reale mandato e solo a dicembre 2024, forse, saranno indette nuove elezioni.

A fronte di tutte queste testimonianze, l’USB si è impegnata pubblicamente a predisporre un dossier da consegnare al CNEL e al Parlamento per “denunciare” l’assenza di democrazia nei luoghi di lavoro, ad oggi – a detta del sindacato – ostaggio di un “cerchio magico” che ha definito un quadro di regole che poi sostanzialmente bypassa o non rispetta.

Si tratta di una iniziativa che, per quanto nella sua fase seminale, sicuramente deve essere monitorata, anche perché potrebbe contribuire ad aprire una nuova fase di confronto tra le organizzazioni sindacali per rivedere le regole che presidiano l’attività di rappresentanza nei luoghi di lavoro.

 

Giovanni Piglialarmi

Ricercatore in diritto del lavoro 

Università di Modena e Reggio Emilia