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La sicurezza sul lavoro secondo i funzionari dell’ITL di Napoli: il lavoratore senza formazione e DPI che rifiuta la prestazione va punito

Napoli -

Ha senso stracciarsi le vesti sulla mancanza di sicurezza nei posti di lavoro e sulla strage quotidiana, quando proprio i fuzionari degli organismi deputati al controllo della normativa inviano segnali che definire contraddittori è poco?

Accade a Napoli, dove un collegio arbitrale presieduto da un funzionario dell’Ispettorato territoriale del lavoro (ITL), dà torto al lavoratore che si rifiuta di prendere servizio in mancanza degli adempimenti di legge da parte dell’azienda.

Secondo l’illuminato provvedimento del collegio, la visita medica preventiva è un di più, l’articolo 1460 del codice civile virgolette rosa sulle parole “lavora e zitto”, l’articolo 37 del D.Lgs 81/08 un optional. Il risultato è che il lavoratore che aveva fatto ricorso contro le giornate di sospensione comminategli, ha visto confermato lo stigma sul proprio legittimo comportamento, sia pure derubricando la sanzione ad ammonizione scritta, e si è ritrovato a pagare metà della parcella dell’ineffabile arbitro.

I fatti: il 1° febbraio S.E., caposquadra ed RSA, dopo il cambio di appalto all'ospedale Monaldi di Napoli tra le  società GESAP ed EPM, consorziate della società CSI (Consorzio Servizi Integrati), viene assegnato a mansioni inferiore rispetto al V livello nel quale è inquadrato. Nessuna comunicazione scritta che avrebbe mantenuto il livello V ma che avrebbe dovuto effettuare semplicemente mansioni da II livello – nonostante per 20 anni avesse gestito il personale, i turni e l’organizzazione del lavoro - nessuna informazione sull’organigramma, nessuna commissione scritta dei reparti assegnati, niente uniforme e nemmeno DPI, tesserino e badge (gli saranno assegnati dopo i provvedimenti disciplinari).

Il 14 e 15 marzo due successive ispezioni dell’azienda gli contestano di non svolgere la sua attività lavorativa, sanzionata la prima volta con una giornata di sospensione, salite a due nella seconda occasione. Il lavoratore fa ricorso e con USB presenta le proprie motivazioni a un collegio arbitrale, chiedendo l’annullamento delle sanzioni.

S.E. elenca le inadempienze aziendali:

- violazione dell’articolo 2103 del codice civile, che prescrive comunicazione scritta del cambio di mansione

- violazione del D.Lgs. 81/08 e del capitolato Consip, che prescrivono al cambio di mansione una formazione teorica di almeno 16 ore e pratica di almeno 24, oltre a un aggiornamento annuale di almeno 12 ore.

- violazione dell’articolo 1460 del codice civile, sull’eccezione di inadempimento

- violazione del CCNL del settore

- violazione della normativa sulla sicurezza.

Ce n’è in abbondanza per cassare qualsiasi provvedimento disciplinare, ma a sorpresa il presidente del collegio stabilisce che sì, il lavoratore è giustificato nel suo comportamento, ma prima avrebbe dovuto prendere servizio e poi eventualmente contestare l’azienda, motivo per cui la sanzione viene derubricata ma confermata.

Nel paradiso degli azzeccagarbugli la decisione non fa una piega. Nella patria del diritto, impegnata a stracciarsi le vesti sui morti di lavoro, è invece un provvedimento scandaloso: lavorate, lavorate, non importa se in assenza di formazione e di dispositivi di protezione. E accada quel che deve accadere.

USB non arretra di un millimetro nella sua battaglia per la sicurezza e contesterà in tutte le sedi simili mostruosità giuridiche e amministrative.

Unione Sindacale di Base – Lavoro Privato Napoli

Napoli 12/10/2022