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Le visioni comuni dell’AD di RFI e delle OO.SS firmatarie dell’accordo del 10 gennaio: il 13 marzo nuovo sciopero dei ferrovieri della manutenzione

Roma -

Il 28 febbraio scorso l’amministratore delegato di RFI Giampiero Strisciuglio è stato ascoltato presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori.

Questa audizione era stata da noi auspicata nei mesi scorsi e richiesta in occasione di analoghe convocazioni presso la Commissione in cui siamo stati ascoltati, insieme ad altre OOSS di Base, sui gravissimi infortuni nei cantieri di RFI, culminati per ora nella strage di Brandizzo, lo scorso 31 agosto.

Abbiamo quindi vista e ascoltata con attenzione la registrazione dell’audizione dell’AD di RFI e in attesa di ricevere la copia scritta della sua relazione (piena di numeri iperbolici), ci scappa qualche considerazione di primo acchitto su alcuni passaggi del suo ragionamento: in particolare sulla dichiarata “… visione comune tra RFI e le OOSS firmatarie dell’accordo nazionale di settore del 10 gennaio scorso …”.

In effetti il modulo di base della relazione è stato lo stesso di quello proposto da Strisciuglio nell’audizione in Commissione parlamentare immediatamente successiva alla strage di Brandizzo: una puntigliosa descrizione della superfetazione organizzativa di RFI, tesa a affermare, da un lato, una visione della garanzia di sicurezza, in ogni azione produttiva della società, attraverso norme e procedure “inderogabili”, dall’altro, una dei comportamenti individuali indicati come possibile incrinatura di quella perfezione organizzativa. Va detto subito che quella dualità di visione ci sembra in contraddizione con la dichiarata garanzia di controllo esercitata da RFI attraverso i Sistemi di Gestione per la Qualità, per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro e per l’Ambiente, in quanto non ci pare che questi siano serviti finora a evitare, i molteplici infortuni gravi, gravissimi e mortali sui cantieri della manutenzione infrastrutture, come in altri siti produttivi sotto la responsabilità di RFI stessa, quanto invece a evitare sistematicamente conseguenze penali per i responsabili apicali delle aziende coinvolte.

Quindi una profusione di numeri su azioni in corso e azioni future per la sicurezza e lo sviluppo delle infrastrutture e del trasporto ferroviari, sui miliardi di euro di investimento per la manutenzione ordinaria e (soprattutto) straordinaria (il senatore Orfeo Mazzella, membro della Commissione parlamentare di inchiesta, intervenuto a seguito della relazione, ha parlato di circa 1 mld di euro al mese) finanziati nei contratti di programma ordinari e straordinari (vedi PNRR) con lo Stato; ma soprattutto  sulle risorse produttive e produttivistiche, quali persone e tempi, per lo svolgimento del piano d’impresa 2023/2032: da 120 mld di euro.

E’ qui che arriviamo alle dette visioni comuni in cui circa 10mila ferrovieri operativi della manutenzione infrastrutture sommati a circa 6/7mila lavoratori della galassia privata (sul registro di RFI vi sono 750 imprese accreditate) hanno costituito la forza lavoro sui circa mille cantieri al giorno aperti sul territorio nazionale (di cui 400 ambito PNRR) negli ultimi 2 anni.

Lavoratori che hanno tenuto con le unghie e con i denti ritmi e carichi di lavoro incompatibili con le tutele per la loro salute e la loro sicurezza, compressi in uno schema di piena deregolamentazione contrattuale per sostenere la crisi organizzativa dovuta alle politiche di disinvestimento produttivo, occupazionale e professionale dell’ultimo decennio in cui hanno perso riposi, reddito, riconoscimento professionale. Politiche da cui non potevano che derivare danni anche alla garanzia degli obiettivi di manutenzione, controllo e mantenimento in efficienza dell’infrastruttura di cui RFI è responsabile verso lo Stato e verso la comunità nazionale.

I danni di quelle politiche managerial/padronali che oggi si pretenderebbe di riparare con l’accordo del 10 gennaio, dando a politici e a poteri mediatici la grande ricetta per tutti i mali. Una ricetta segreta perchè nasconde l’ingrediente principale che è l’ulteriore grave attacco alle condizioni di lavoro e alle principali tutele dei lavoratori del settore tutti.

Sulle suddette migliaia di cantieri giorno RFI ha effettuato, nel 2023, 2200 controlli generici di cui circa mille con visite a sorpresa sui cantieri; cioè aritmeticamente e rispettivamente due e una volta l’anno per ogni cantiere. A questi sono aggiunti 60 ispezioni di ITL/ASL nel 2023.

Non ci sembra un granchè come impegno di sorveglianza; infatti l’AD ha annunciato per il futuro altri mille controlli a sorpresa sui cantieri; cosicchè si salirà anche per questi a due l’anno: il che non ci tranquillizza ancora.

Non ci tranquillizza perchè da questo punto del ragionamento Strisciuglio passa a illustrare le “magnifiche sorti e progressive” dell’accordo di settore del 10 gennaio 2024 per il nuovo modello di manutenzione infrastrutture. E ritorna la freddezza dei numeri e dell’ingegneria organizzativa dove spariscono di botto carne e ossa di chi dovrebbe garantire la “messa a terra” del grande piano d’impresa, lavorando in ogni possibile ora dei giorni e giorno delle settimane.

Spariscono gli infortuni gravi e mortali; spariscono il milione 100mila ore di lavoro straordinario del 2023 i bassi salari e la monetizzazione delle tutele contrattuali sui riposi e sul tempo di vita delle persone lavoratrici; sparisce un ventennio di politiche di costante smantellamento del potenziale occupazionale, professionale e produttivo degli impianti di RFI a vantaggio della penetrazione dei privati nel settore delle infrastrutture e la realtà degli organici attuali pieni di lavoratori in apprendistato e senza esperienza; spariscono le ricadute della sistematica riduzione del riposo minimo giornaliero a 8 ore e del lavoro notturno sulla salute dei lavoratori di RFI; sparisce la condizione ancora peggiore dei lavoratori delle imprese private.

Sparisce anche la grande mobilitazione che i ferrovieri della manutezione di RFI stanno conducendo dal 10 gennaio contro l’applicazione dell’ultraflessibilità dell’orario di lavoro previsto dal nuovo accordo di settore.

Ma come i suddetti gravi fatti spariscono solo nella retorica trionfalistica di chi vede la vita soltanto come affari e finanza, anche l’attuale lotta dei ferrovieri della manutenzione resta un fatto inconfutabile che sta rappresentando un grande e imprevisto impedimento al geniale piano del lavoro 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, così fortemente condiviso nelle visioni di RFI e dei sindacati firmatari.

Uno sciopero epocale con adesioni al 70% lo scorso 12 febbraio e la ricarica sul prossimo 13 marzo con manifestazione a Roma sotto il palazzo delle ferrovie a piazza della Croce Rossa, sono la reale e diretta espressione della volontà dei lavoratori di prendere parola nella contrattazione delle loro condizioni di vita e di lavoro, crescendo individualmente attraverso il confronto collettivo nella costituita Assemblea Nazionale dei Lavoratori della Manutenzione e imparando rapidamente dalla pratica della lotta l’uso degli strumenti sindacali per la difesa e la reale rappresentanza dei loro interessi comuni. Una presa di parola che infrange allo stesso tempo la gabbia di passività imposta agli stessi lavoratori  in anni di contrasto alla loro partecipazione assembleare alle politiche delle centrali sindacali firmatarie: politiche così sempre più acriticamente orientate dall’agenda managerial/padronale fino al colpo grosso del 10 gennaio ‘24.

A questo punto riteniamo imprescindibili la rimessa in discussione delle pretese di variazione dell’orario di lavoro della manutenzione infrastrutture e l’apertura di un reale confronto con i ferrovieri del settore sulle loro attuali condizioni di lavoro. Un confronto che metta al centro le loro tutele per la salute, la sicurezza e la dignità economica: prima che gli obiettivi di impresa del management di RFI e del padronato privato ferroviario.

Questo significa precisi impegni di RFI (del Gruppo FSI) e del governo a investire adeguatamente nei prossimi rinnovi contrattuali, prevedendo:

piena occupazione e riduzione dell’orario di lavoro nei settori operativi;

significativi incrementi economici di base, per mansioni e competenze professionali;

valorizzazione complessiva delle attuali figure professionali del settore manutenzione infrastrutture; maggiori tutele sul lavoro notturno;

maggiori riposi di maggiore qualità.

Sono le condizioni base per un effettivo tentativo di ricostruzione del potenziale industriale di RFI che consenta di ottemperare agli impegni dei contratti di servizio con lo Stato e la collettività del Paese, garantendo concreta qualità alle condizioni dei propri lavoratori e di quelli delle imprese private.

Cioè il verso opposto a quello imboccato con l’accordo di settore del 10 gennaio, di cui chiediamo, quindi insieme ai ferrovieri interessati, l’annullamento almeno della parte sui rinnovati criteri di programmazione e contrattazione territoriale delle prestazione di cui alle lettere G), H), I).   

Una lotta questa aperta dai ferrovieri della manutenzione infrastrutture che si integra in quella più generale di tutti i ferrovieri del gruppo FSI che sciopereranno ancora anche il 23 marzo per un rinnovo contrattuale che ripari la ventennale battuta di arresto di salari e riconoscimenti professionali e ponga fine al sistematico arretramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori dell’esercizio.

Una lotta che auspichiamo possa coinvolgere finalmente anche i lavoratori dell’impresa privata, i più esposti alle gravi, gravissime e mortali ricadute infortunistiche del sistema organizzativo della manutenzione di RFI e che subirebbero dall’applicazione delle pretese del 10 gennaio, come i ferrovieri, un ulteriore duro colpo alla loro condizione di vita e di lavoro.

Il 13 marzo prossimo i ferrovieri della manutenzione infrastrutture di RFI sciopereranno ancora compatti: sotto il palazzo delle ferrovie a Roma, compatti ribadiranno che le chiacchiere stanno a zero e che i loro diritti valgono più delle pretese di profitto di padronato e management ferroviari.

E noi saremo ancora a loro fianco!

Vivano sempre le lotte dei lavoratori!