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Argomento:

L’impegno del 24 giugno

Roma -

Il mondo del lavoro può fare da collante per le mille facce dell’opposizione al governo delle destre, riuscendo ad esprimere una piattaforma chiara e indipendente, sintetizzata da tempo nello slogan Abbassate le armi e alzate i salari. È il messaggio che ci trasmette la manifestazione del 24 giugno, riuscita non solo nella partecipazione ma anche nello spirito di condivisione che si è respirato in piazza e nella vicinanza dei contenuti dei tanti che si sono avvicendati ai microfoni. Una consonanza di orientamenti e una visione comune facilmente percepibile in tutto il lungo serpentone che ha attraversato le vie di Roma.

Le tante organizzazioni che hanno dato vita alla manifestazione, locali e nazionali, e che si sono raccolte sotto l’appello Il governo Meloni ci ruba il futuro, sono portatrici di un arco di temi molto ampio che investe questioni legate al welfare, ai diritti di genere, alla forma istituzionale del Paese, all’ambiente, al razzismo, alla scuola, fino ai temi del lavoro e alla questione della guerra. Un insieme di questioni che, prese una per una, portano ad agire in profondità, su terreni concreti di organizzazione e di lotta.

Ma il 24 giugno a Roma si è prodotto un avvicinamento tra tanti soggetti che, pur se fortemente impegnati sui loro terreni concreti, sentono l’esigenza di un’opposizione generale a un governo che incarna qui da noi quello spirito guerrafondaio e reazionario che sta appestando l’aria di tutto il continente. Sentono il bisogno di una lettura d’insieme che colleghi le diverse battaglie, un filo logico che dia un senso generale anche alla propria battaglia specifica.

Una volta esistevano anche in Italia organizzazioni politiche e sindacali che funzionavano da catalizzatore per le mille battaglie locali e territoriali e che rappresentavano il riferimento per le mobilitazioni generali. Oggi quelle organizzazioni non esistono più o semplicemente hanno cambiato pelle e questo è certamente uno dei fattori che influisce di più nel basso tasso di combattività che si registra nel nostro Paese. Ma questa assenza si porta dietro anche un altro problema che è quello della rinuncia a promuovere un piano di risposta generale, chiudendosi ognuno nel proprio contesto, dentro il perimetro del proprio “comitato di scopo”.

La manifestazione del 24 giugno è un segnale di controtendenza e può essere un nuovo inizio. C’è una parte combattiva e organizzata del mondo del lavoro che può assumersi il compito di favorire questo processo. E c’è un arco non piccolo di realtà, diffuse in tutta la penisola, che può costruire le maglie di una rete radicata sul territorio e disponibile alla costruzione di un “percorso comune”. 

La concretezza degli obiettivi e dei percorsi costituisce un punto fermo del lavoro che abbiamo davanti. Il 24 giugno sono scesi in piazza lavoratori e lavoratrici, famiglie senza casa, migranti, studenti, cittadini in lotta per difendere un ospedale pubblico o contrari ai rigassificatori o alle tante opere inutili e nocive come la Tav o il Ponte sullo Stretto. Comitati e organizzazioni impegnati su obiettivi precisi, come il No all’autonomia differenziata o una legge sul salario minimo a 10 euro l’ora o l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro.

Non c’è bisogno dell’ennesimo percorso fumoso, ma di un piano di lotta che serva a sostenere le tante battaglie in cui siamo impegnati. È questo l’impegno che ci siamo presi, in tanti, il 24 giugno.

Unione Sindacale di Base