Megainceneritore di rifiuti all’Eni di Livorno, ma nulla si sa dell’impatto occupazionale e ambientale
Al tavolo di confronto svoltosi al Ministero dello Sviluppo Economico il 9 marzo hanno trovato soddisfazione tutti i partecipanti (confederali compresi), ma cosa c’è di concreto?
Cosa ci sia da essere soddisfatti sinceramente non lo sappiamo. Dalle dichiarazioni dei soggetti presenti al tavolo emerge come Eni abbia gestito la discussione rimettendo sul tavolo i medesimi (non) piani industriali di sempre. Il comunicato congiunto prodotto dalle istituzioni esalta i progetti discussi sintetizzandoli in una “conversione in bioraffineria” degli impianti attuali. Quando, però, durante il consiglio comunale di Livorno la consigliera Barale di Buongiorno Livorno fa presente che il termine “bioraffineria” è un po' generico e non dice niente in merito a quelli che saranno gli impianti (quale sarà il livello occupazionale e se per la loro realizzazione usufruiranno del PNRR), il sindaco Salvetti specifica che verranno realizzati un impianto di ecofining ed è quasi pronta la produzione di biojet, ma si dimentica di dire che tra i progetti è previsto anche il “waste to methanol”, il già noto “mega-inceneritore di rifiuti” che l’allora presidente del Consiglio regionale Giani, durante la sua campagna elettorale per diventare il nuovo governatore della Regione Toscana, voleva difendere con i carri armati. Un’opera su cui USB si è già espressa con una posizione fortemente contraria.
Il dettaglio è invece emerso nel comunicato della Femca Cisl che scrive: “Un’alternativa immediata sarebbe puntare sull’Economia Circolare e anche su questo Eni non si è tirata indietro, comunicando la volontà di presentarsi al bando della Regione Toscana con tre progetti: biofuel, biogas e waste to methanol, tutti legati a Livorno.”
Senza entrare in inutili polemiche con chi fino a ieri ha dichiarato che certe scelte dovevano essere fatte solo con il consenso dei cittadini, rimane il fatto che di questi impianti non sappiamo ancora quale sarà l’impatto occupazionale a lungo termine, una volta che i lavori di riconversione saranno terminati. Come può Eni garantire il mantenimento dei posti di lavoro quando la maggior parte dei lavoratori sono dipendenti di ditte in appalto e la stessa ENI, da anni, non inserisce più nelle gare di appalto la clausola sociale che garantirebbe sia il mantenimento nel sito di quelle professionalità indispensabili e di difficile reperimento nel mercato del lavoro, sia stabilità e futuro a tante famiglie?
Se nel giugno 2020 per i sindaci di Livorno e Collesalvetti il progetto Eni non era “definito” e non permetteva di fare una valutazione, cosa sanno in più su quei progetti per accoglierli ora con tanto entusiasmo?
Gli impianti che Eni vuole realizzare potrebbero anche essere importanti per il territorio ma è bene che siano rese note quelle informazioni che ci permettano di fare una valutazione nel suo complesso, compreso il piano ambientale. Il rischio è che si voglia, ancora una volta, prendere tempo dal punto di vista generale mentre proseguiranno le strategie di risparmio con il sistema degli appalti e delle esternalizzazioni. Un tema quest’ultimo su cui sarebbe importante una campagna sindacale che coinvolga tutti i lavoratori delle ditte esterne.
USB Livorno
Livorno, 14 marzo 2022