Morire di lavoro: almeno sei decessi negli ultimi giorni. Ancora possibile firmare per la legge di iniziativa popolare che introduce il reato di omicidio sul lavoro
Ancora morte sui posti di lavoro in Italia: una strage continua che non accenna a rallentare. Tante sono, infatti, i decessi che siamo costretti a commentare negli ultimi giorni. Usb e Rete Iside, da tempo, portano avanti una campagna per introdurre il reato di omicidio e lesioni gravi sul lavoro: questa, a nostro avviso, è l’unica proposta concreta in campo che possa porre un freno alle morti di lavoro nel nostro paese. Al contrario, sindacati confederali e politica istituzionale rimangono nell’immobilismo complice, con segretari nazionali e locali che si stracciano le vesti ad ogni avvenimento tragico, ma che si voltano dall’altra parte mentre sui posti di lavoro si taglia sulle tutele per salute e sicurezza.
Il reato di omicidio sul lavoro è diventato, grazie al supporto di altre forze politiche e sociali, una legge di iniziativa popolare: è ancora possibile firmare online su leggeomicidiosullavoro.it, con la data della consegna in parlamento che ormai si avvicina.
Tra gli avvenimenti più impressionanti di quest’ultimo periodo ci sono di certo i fatti avvenuti all’acciaieria Feralpi, in provincia di Brescia. Qui un operaio di 52 anni, Fabrizio Bignotti, ha perso la vita domenica mattina alle prime luci del giorno: il mezzo su cui lavorava è stato avvolto dalle fiamme e non ha lasciato scampo all’uomo, che con lo stesso stava movimentando un carico incandescente. La prima domanda che sorge, mentre attendiamo ulteriori notizie, è se il mezzo su cui era a lavoro l’uomo fosse a norma per questo tipo di intervento.
Questi tremendi avvenimenti seguono quelli dei giorni precedenti, in cui un uomo ha perso la vita dopo essere precipitato dal tetto della CNH di Jesi: aveva 55 anni. Sempre sabato nelle Marche, a Rapagnano in provincia di Fermo, un fabbro di 62 anni ha perso la vita in un incendio all’interno del suo laboratorio. È deceduto a Modena, invece, dopo 3 giorni di agonia il camionista di 54 anni Alfio D’Urso: la sponda del suo camion ha ceduto durante le operazioni di carico e scarico, colpendolo. Un operaio di 59 anni, Mohamed Oueslati, è deceduto dopo 48 ore dopo essere stato investito da un camion mentre smontava le luminarie natalizia a Chatillon, in Val D’Aosta. Alle 7 del mattino di lunedì ha invece perso la vita un operaio di origine albanese, 53 anni, mentre lavorava sul tetto di una ditta di carpenteria metallica nel milanese, pare a causa di un parapetto ammalorato.
Tanti, ugualmente, sono stati gli infortuni anche molto gravi, ad esempio a Monfalcone nei cantieri navali Fincantieri, qui un operaio di 23 anni originario del Bangladesh è stato schiacciato da un ponteggio. La lista è decisamente più lunga, ci rimane impossibile sintetizzare in poche righe.
È ora di dire chiaramente che non si tratta di incidenti, ma di veri e propri omicidi sul lavoro: nel nostro paese è diffusa una cultura che vede nelle misure a tutela di salute e sicurezza sul lavoro un costo, da ridurre per aumentare i profitti. Con l’introduzione del reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime sul lavoro si potrebbe, finalmente, porre uno strumento di deterrenza reale contro chi specula sulle vite di lavoratrici e lavoratori.
Unione Sindacale di Base
Rete Iside