No all’economia di guerra: no alla base di Coltano
Il governo continua la sua escalation militare al soldo di Nato, USA e EU, il coinvolgimento politico militare del nostro paese nei vari scenari bellici (con il beneplacito di quasi tutto l’arco parlamentare) non indica soltanto la natura barbara e guerrafondaia dell’attuale esecutivo, ma produce anche effetti devastanti sul piano economico e sociale.
Il dirottamento di risorse sempre più ingenti per finanziare le aggressioni verso paesi terzi e la conseguente impennata delle spese militari delineano una vera e propria economia di guerra della quale i lavoratori e le lavoratrici sono le vittime sacrificali. All’interno di questa cornice e delle nuove compatibilità imposte dal bellicismo istituzionale che si colloca la stagione dei rinnovi contrattuali in fase di apertura sia nei settori pubblici che privati.
Oggi più che mai, quindi, i conflitti che divampano nelle varie aree del mondo si declina sul fronte interno nella forma e nella dimensione della guerra ai salari certo iniziata decenni fa, ma che oggi trae nuova linfa proprio in questo clima.
Lo abbiamo detto in tutte le nostre manifestazioni, scioperi, lotte, blocchi di armi dall’inizio della guerra in Ucraina: ABBASSATE LE ARMI ALZATE I SALARI, sino alla manifestazione del 1° giugno scorso.
Oggi viene reso noto nella relazione del 29 giugno per la conversione del DL Infrastrutture, che il governo ha presentato alla commissione ambiente, turismo e lavori pubblici i nuovi dettagli con cui intende procedere alla realizzazione della base militare a San Rossore e a Pontedera.
520 milioni di spesa prevista per i prossimi 10 anni e 130 ettari di consumo di suolo che saranno utilizzati per gruppo speciale carabinieri, reggimento Tuscania, alloggi e altro al CISAM di San Piero a Grado, a pochi chilometri dalla tristemente nota base USA di camp Darby.
Per realizzare l’opera sono previste le semplificazioni della legge “sblocca cantieri”, e delle agevolazioni per la realizzazione delle opere PNRR: questo significa minori controlli sulle condizioni di sicurezza sul lavoro e verifiche d’impatto ambientali sui lavori dalle ditte appaltanti.
Tutto questo in una situazione in cui l’economia, l’assetto industriale, il settore pubblico della ricerca (lo abbiamo visto nel nostro recente convegno su ‘ricerca e guerra’ tenuto al CNR di Pisa lo scorso 27 giugno), i settori del privato sono sempre più orientati verso una economia di guerra.
USB continuerà la sua lotta contro questa deriva bellicista e guerra fondaia in tutte le forme possibili, unendosi a tutte le realtà che con coerenza si battono per i soliti obiettivi, che sono quelli di una pace giusta per i popoli in lotta contro il colonialismo genocida sionista come quello palestinese, insieme ai settori di classe colpiti dalla crisi. Una pace giusta senza diritti non è pace, ma solo tregua tra un conflitto e l’altro.
USB Federazione di Pisa