PFAS, nuovi dati mostrano la presenza questi pericolosi inquinanti nel sangue dei Vigili del Fuoco
ROMA. 09.06.25 - Nuovi dati diffusi oggi sulla presenza di PFAS (composti poli e perfluoroalchilici) nei dispositivi di protezione individuali e nel sangue di 16 Vigili del Fuoco provenienti dai comandi di Catania, Padova, Verona, Alessandria, Genova e Pisa evidenziano un quadro poco rassicurante circa l’esposizione sanitaria della categoria a questi pericolosi inquinanti. È quanto emerso da una conferenza stampa tenutasi oggi presso la Camera dei Deputati organizzata dal sindacato USB Vigili del Fuoco in collaborazione con Greenpeace Italia, con la partecipazione della dottoressa Vitalia Murgia di ISDE Medici per l’Ambiente, e della professoressa Claudia Marcolungo, docente dell’Università di Padova.
I dati diffusi in data odierna, frutto di un monitoraggio indipendente realizzato da USB in collaborazione con Greenpeace, hanno portato all’attenzione della politica nazionale e agli organi competenti il problema dei PFAS, sostanze chimiche di sintesi a cui i Vigili del Fuoco sono esposti nelle loro attività lavorativa attraverso le schiume antincendio e l’utilizzo di dispositivi di protezione individuali.
Nel corso dell’evento sono stati illustrati i dati sierologici (analisi sul siero estratto dal sangue) che 16 operatori hanno effettuato presso l’ospedale Universitario di Aquisgrana (Aachen) in Germania. Pur non evidenziando valori particolarmente elevati, i dati superano la prima soglia di rischio individuata dalla National Academy of Sciences e suggeriscono l’avvio di un biomonitoraggio periodico per il personale. Oltre al PFOA (noto cancerogeno) e al PFOS (possibile cancerogeno), desta particolare preoccupazione la presenza nel siero di uno specifico composto: l’ADV che, in base a quanto noto, viene prodotto solo nello stabilimento ex Solvay, oggi Syensqo, di Alessandria.
Anche i dati relativi ai dispositivi di protezione individuale dei Vigili del Fuoco italiani confermano la presenza di un’alta concentrazione di PFAS e di Fluoro Organico, un parametro che stima la presenza di tutti PFAS (ne esistono oltre 10 mila molecole) non misurabili singolarmente.
Come già evidenziato nel 2023 dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), organo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’esposizione professionale dei vigili del fuoco è stata classificata come cancerogena per gli esseri umani (Gruppo 1). Per i PFAS i Vigili del Fuoco sono doppiamente esposti: non solo come cittadini che possono entrare in contatto con queste sostanze attraverso acqua, aria, alimenti e prodotti di uso quotidiano ma anche a livello professionale, rendendoli doppiamente vulnerabili.
Alla luce di queste evidenze il coordinamento nazionale USB Vigili del Fuoco chiede: “La mappatura dei siti contaminati da PFAS, l’analisi delle Sedi di Servizio e di tutte le attrezzature per la presenza di questi pericolosi inquinanti, la sorveglianza sanitaria degli operatori, un piano per l’eliminazione all’esposizione lavorativa attraverso una transizione PFAS-free nelle divise, nei dispositivi di protezione individuale e nelle schiume antincendio. Questi passi non sono più rinviabili e devono condurre al riconoscimento di categoria esposta e l’inserimento dei Vigili del Fuoco nei parametri INAIL per un effettivo archivio delle malattie professionali.”
«I dati che abbiamo raccolto indicano chiaramente che esiste un problema PFAS per il settore dei Vigili del fuoco, una questione che non può più essere ignorata», dichiara Giuseppe Ungherese di Greenpeace Italia. «Non è possibile mettere in pericolo la vita di chi già rischia molto per tutelare la collettività. Chiediamo che il governo intervenga mettendo in sicurezza il corpo italiano dei Vigili del Fuoco, nonché vietando l’uso e la produzione di PFAS su tutto il territorio nazionale».