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Pubblico Impiego, no all’elemosina dell’una tantum: rinnovi contrattuali subito

Roma -

Dopo la miseria e la truffa del taglio del cuneo fiscale, per eludere la questione salariale arriva la trovata geniale della famigerata una tantum, che dovrebbe figurare nelle buste paga del mese di agosto in sostituzione del rinnovo contrattuale, con tanto di arretrati da gennaio 2023.

Nonostante le cifre che circolano sui giornali, evidentemente tarate sulla dirigenza, mediamente i salari dei lavoratori pubblici aumenteranno di ben 30,44 euro lordi al mese e gli arretrati di sette mesi ammonteranno addirittura a 213,08 euro lordi, sempre mediamente.

Con un’inflazione che ha viaggiato per molti mesi a due cifre regalandoci una media nel 2022 e nel primo semestre del 2023 tra l’8 e il 7%, un obolo pari all’1,5% dei salari, oltre a lasciare intatta la perdita del potere d’acquisto, è un vero insulto alla dignità dei lavoratori del pubblico impiego.

Se i contratti nazionali sono scaduti da un anno e mezzo e contestualmente l’inflazione ha preso a galoppare, l’unica risposta seria è il rinnovo dei contratti che adegui i salari all’aumentato costo della vita. Appare paradossale che mentre si discute se la sacrosanta rivendicazione di un salario minimo per legge mortifichi o aiuti la contrattazione, lo Stato, quale più grande datore di lavoro d’Italia, non consideri come priorità il rinnovo dei contratti nazionali scaduti da 18 mesi dei propri dipendenti: impiegati, medici, infermieri, insegnanti, ricercatori, etc.

L’azione di governo della Meloni ormai ha ben chiarito che siamo di fronte ad un governo contro i lavoratori, che non investirà un euro sulla Pubblica Amministrazione e per i dipendenti pubblici, che sta drammaticamente esaltando le disuguaglianze

Ormai da tempo USB sta portando la questione salariale del pubblico impiego nelle piazze e nei posti di lavoro. Nel Controforum sulla PA del 16 maggio abbiamo smascherato attraverso il racconto della realtà il tentativo del ministro Zangrillo, coadiuvato da ARAN, di rappresentare un pubblico impiego attrattivo sul piano salariale, innescando una competizione tutta al ribasso con il privato. I contenuti di quella giornata hanno poi caratterizzato, per USB PI, le piazze dello sciopero generale del 26 maggio e della manifestazione contro il Governo Meloni del 24 giugno.

Notizie di questi giorni ci dicono che l’inflazione non ha solo colpito i salari dei lavoratori, ma anche le casse pubbliche e che diminuiranno ulteriormente le risorse disponibili per la PA.

Nel prossimo autunno tutto questo risalterà con tale evidenza che neanche l’informazione da ventennio del Governo Meloni riuscirà a nasconderlo e USB Pubblico Impiego continuerà a lottare con ancor maggior determinazione per un salario equo e dignitoso, contro la crescente precarietà nel pubblico impiego e per un reale rilancio dei servizi pubblici contro le disuguaglianze.

USB Pubblico Impiego