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Ricostruire e rilanciare la Ricerca Pubblica: per questo saremo in piazza il 2 e il 3 dicembre

Nazionale -

L’assenza, per ora, in legge di bilancio di qualsiasi finanziamento aggiuntivo per la Ricerca Pubblica, in particolare sul famoso comma 310 per carriere e finanziamenti, ha chiarito definitivamente, qualora ce ne fosse stato bisogno, lo stato generale in cui versa la Ricerca Pubblica nel nostro Paese.

Dal PNRR erano giunte delle evidenze difficilmente equivocabili, a partire dal titolo, “M4C2: dalla ricerca all’impresa”, che delinea molto chiaramente la Ricerca che interessa al nostro Paese. Tutto porta in direzione dell’impresa e della Ricerca Pubblica al suo servizio, dell’investimento su quei pezzi di ricerca (enti MUR e Università) destinati al trasferimento tecnologico. Nessun investimento sulla Ricerca Pubblica in quanto tale, nessun progetto di potenziamento dell’intervento dello Stato nel settore della Ricerca in ambiti di intervento nevralgici per la vita di un Paese come ad esempio la ricerca in tema di salute o quello dell’ambiente e dell’energia.

Le vicende contrattuali rafforzano questa ipotesi e ci restituiscono un quadro a dir poco desolante per quei lavoratori, ricercatori, tecnici e amministrativi, che ogni giorno, con enormi difficoltà cercano di svolgere la propria funzione al servizio del Paese.

Lo stralcio della parte economica del contratto “strappato” dai sindacati di categoria attraverso lo stanziamento di risorse aggiuntive, seppure irrisorie, solo per la Scuola attraverso l’accordo firmato con il Ministro dell’Istruzione, ha reso leggibile da tutti che la contrattazione nel comparto Istruzione e Ricerca è condotta esclusivamente dalla Scuola, gli altri sono lì a svolgere il ruolo di comparse, magari anche con qualche battuta, ma sempre comparse.

I sindacati della Ricerca, le comparse appunto, avevano ottenuto un generico impegno a individuare un vettore normativo e le risorse per finanziare il comma 310, quindi le carriere, anche per gli enti non vigilati dal MUR. Oggi, con la prima stesura della legge di bilancio, la foglia di fico è stata spazzata via dalla dura realtà e i lavoratori della Ricerca, per il momento, restano a bocca asciutta. Riceveranno gli arretrati del contratto per Natale, una miseria neanche lontanamente in grado di fronteggiare inflazione e costi delle bollette, e probabilmente una riforma dell’ordinamento penalizzante sia per i ricercatori e tecnologi che per i tecnici e amministrativi. Oggi quegli stessi sindacati corrono, anche divisi, con il cappello in mano a chiedere al Ministro per la Funzione Pubblica il rispetto degli impegni.

Al di là di ovvie considerazioni rispetto ad una modalità servile di stare ai tavoli che ormai, in tempi di grama, non porta più neanche quelle briciole che venivano vendute come conquiste, il dato che emerge è quello di una Ricerca Pubblica ormai marginalizzata e senza sbocchi.

Gli effetti dell’assenza di un comparto autonomo di contrattazione oggi si vedono in tutta la loro drammaticità e, insieme alla assoluta carenza di stanziamenti adeguati, segnano la fine della Ricerca Pubblica, intesa come patrimonio del Paese al servizio della collettività.

Il PNRR così concepito dimostra con estrema chiarezza che questo era il progetto, che non inizia sicuramente oggi, ma che oggi dovrebbe essere visibile anche agli occhi di chi finora ha scientemente negato l’evidenza. In particolare a quei sindacati che al solo scopo di escludere il sindacato conflittuale dalla rappresentatività, si sono pubblicamente dichiarati a favore dell’attuale assetto dei comparti di contrattazione, assecondando in questo modo il progetto di annientamento della Ricerca Pubblica. Quei sindacati hanno la grande responsabilità di aver facilitato il processo di smantellamento che oggi si sta compiendo in cambio delle solite briciole di potere. Sono complici della distruzione della Ricerca pubblica. Sono un sindacato complice e collaborazionista.

Una ricerca pubblica forte è un’esigenza del Paese. Non solo perché ce lo ha detto, drammaticamente, la pandemia, ma perché le sfide che abbiamo davanti in tema ambientale, climatico, energetico, sanitario, ce lo ricordano ogni giorno che passa. E siamo convinti che la costruzione di un mondo che riduca o elimini le disuguaglianze passi necessariamente attraverso una Ricerca al servizio dell’interesse comune. Per questo dobbiamo continuare a lottare per una ricostruzione ed un rilancio della Ricerca Pubblica, che parte inevitabilmente dalle condizioni materiali e di lavoro di chi la Ricerca la fa ogni giorno, in laboratorio, al PC, supportando il lavoro dei team di ricerca.

Per questo saremo in piazza il 2 dicembre in occasione dello sciopero generale proclamato dal sindacalismo di base e il 3 dicembre alla manifestazione nazionale a Roma. Ci saremo perché ci riconosciamo nella parola d’ordine generale “abbassate le armi, alzate i salari”; perché ci riconosciamo nella piattaforma del Pubblico Impiego che parla di diritti e di funzione dei lavoratori pubblici, quali combattenti contro le disuguaglianze. Ci saremo con le nostre specificità e con la richiesta, che stiamo sostenendo da mesi anche in Parlamento e con i Presidenti degli EPR, di inserimento in legge di bilancio del finanziamento al comma 310 e per la costituzione del comparto di contrattazione Ricerca e Università.

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