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RIFORMA DELLO STRUMENTO MILITARE: USB, TUTTO SI FERMA TRANNE GLI ARMAMENTI

Roma -

Nonostante le imminenti dimissioni, il Governo tecnico e dei  deputati con le ore contate mettono in salvo uno dei provvedimenti che evidentemente gli sono più cari: la riforma della forze armate.

Da mesi l’USB Difesa ha evidenziato, in tutte le sedi di confronto e nella piazza, la sua netta contrarietà per una riforma che determina lo spostamento di enormi risorse dalle spese per il personale all’investimento, eliminando posti di lavoro;  l'utilizzo di tutti i risparmi per l'acquisto di armamenti;  nessuna cancellazione degli sprechi e dei privilegi della "casta militare"; un impegno di 230 miliardi di Euro per i prossimi 12 anni; un aumento di fatto della spesa pubblica; il pagamento dell'intervento dei militari per i comuni alluvionati o colpiti da una catastrofe naturale.

Come riportato dalla legge delega, approvata ieri in via definitiva, ogni Euro risparmiato chiudendo caserme ed esodando militari rimarrà a disposizione della Difesa per l’acquisto di nuove armi, deciso in totale autonomia se facente parte di progetti già varati. Il personale civile dovrà scendere da 33 mila a 20 mila unità, i militari dagli attuali 183 mila a 150 mila; i generali da 450 a 310.

L’obiettivo è di passare da un 70% della spesa in stipendi a 50%, 25% per spese di funzionamento e 25% in nuovi sistemi d’arma.

 

Il ministero della Difesa è inoltre l’unico ad aver ottenuto dal governo Monti un aumento delle dotazioni finanziarie (oltre un miliardo nei prossimi tre anni), superiore ai tagli della spending review; come pure è rimasto sostanzialmente salvo il progetto di acquisto degli F35: il programma è sceso da 131 a 90 pezzi, per un costo complessivo che rimane attorno ai 12-15 miliardi di Euro.

 

In realtà il taglio del personale della Difesa era già stato già deciso dal governo Monti, e la riforma dello “strumento militare” serve soprattutto a costruire un quadro dove le forze armate saranno numericamente agili e ben equipaggiate per essere intervenire in teatri di guerra lontani dai confini nazionali, anche con cacciabombardieri d’attacco.

 

L’USB Difesa continuerà nella sua battaglia per ostacolare questa pessima riforma in ogni sede, anche per quanto riguarda i prossimi confronti sindacali sui provvedimenti  applicativi.