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Sanità Lombardia, USB: dietro la crisi non solo i comitati d’affari, ma anche la scelta di azzerare i servizi territoriali

Milano -

I media stanno mettendo nuovamente in evidenza il disastro del sistema sanitario lombardo, non ultima la denuncia dei premi concessi dalla Regione Lombardia ai manager che dopo l’emergenza primaverile hanno tagliato i letti Covid.

Un disastro che USB denuncia da anni, con dovizia di agghiaccianti particolari. Il quadro è quello di un sistema sanitario percepito come eccellente ma che alla prima difficoltà, grazie alla pluridecennale politica di tagli, non ha retto l’impatto, ritrovandosi senza posti letto e servizi, ridotti al lumicino dalla macelleria sociale dei tagli lineari. Un sistema sanitario tutto volto alla realizzazione di efficienza e profitto ma con scarsissima attenzione alla tutela della salute.

Nelle analisi dei media non viene però posto l’accento sul fatto che a far collassare gli ospedali già rimaneggiati abbia pesato enormemente la scelta di ridurre al lumicino i servizi territoriali, a partire da quelli di prevenzione. Così come manca una considerazione sull’inutilità dell’abbondantissima sanità privata (in Lombardia quasi al 50% delle prestazioni erogate), entrata parzialmente in gioco solo dopo aver chiuso gli accordi economici con la Regione.

Non sorprende quindi che anche il periodo post-emergenza primaverile sia stato gestito con criteri esclusivamente manageriali, attenti alle questioni economiche ma incapaci di riorganizzare il sistema attorno all’unico criterio irrinunciabile: il diritto alla salute.

La vicenda dei premi ai manager capaci di chiudere i posti letto Covid per reinvestire le risorse nei servizi ambulatoriali che non hanno funzionato per mesi, va letta nell’ottica di una sanità che pretende di funzionare senza investimenti aggiuntivi, senza recuperare le decine di miliardi di tagli; una sanità capace solo di provare a tappare i buchi ma che non ha mai messo in piedi un piano di assunzioni di personale stabile, né investimenti strutturali per modificare il rapporto tra posti letto e popolazione, tra spesa sanitaria e PIL.

Ed è così che la Sanità lombarda si trova impelagata nella diabolica logica del comitato d’affari, del familismo, dell’incompetenza ad ogni livello, incapace pure di spendere quegli 80 milioni messi a disposizione dal governo per l’assunzione di personale che, come già anticipato, sarà ancora una volta precario. Precario come la nostra salute al cospetto di un’epidemia che in Lombardia la strutturazione del sistema sanitario ha reso più letale che altrove.

Sarà necessario, per comprendere la vera portata del Covid nella nostra regione, aggiungere al numero dei morti da Covid i decessi di chi non ha potuto curarsi regolarmente proprio a causa della chiusura degli ambulatori.

Di fronte a tutte queste evidenze, la politica è inerte e la seconda ondata della pandemia ci ha sorpreso quasi come se la prima non fosse mai esistita, negli ospedali come nelle RSA.

Paradossalmente proprio adesso la salute è quasi del tutto scomparsa dai radar della sanità. Prima vengono il profitto e gli interessi di parte.

Milano 21/10/20

Unione Sindacale di Base