Senza personale la Sanità pubblica muore: USB annuncia una settimana di mobilitazioni davanti alle Regioni per assunzioni e stabilizzazioni
Il cortocircuito che si sta abbattendo sulla sanità pubblica attraverso il combinato disposto di assenza di medici e infermier grazie ad una programmazione della formazione universitaria miope e politicamente colpevole, di carenza di posti letto, di bassi stipendi, di tetto alle spese del personale, di acuirsi delle disuguaglianze dovute alla regionalizzazione del sistema, rischia di rendere irreversibile il processo di smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale.
Non c’entra il Covid, se non per l’enorme accelerazione che ha impresso a questo processo; basti pensare alle liste d’attesa mai recuperate. E non sarà il PNRR, con il suo carico di fuffa e di ulteriore privatizzazione ad invertire la rotta.
Il personale, in particolare medici e infermieri, è ridotto all’osso, tanto che le ferie - dopo oltre due anni di lavori forzati a causa della pandemia, possono essere garantite solo attraverso la chiusura di interi reparti e a ulteriore discapito dei cittadini. E non va meglio alle altre professioni sanitarie. Le regioni del Nord, che hanno possibilità di spesa, non trovano personale da assumere e i reparti si svuotano; le regioni del Centrosud hanno migliaia di precari che non possono assumere perché non hanno i soldi per farlo.
Nonostante lo squilibrio nella capacità di spesa tra Nord e Centrosud sia sempre esistito, e sia alla base delle disuguaglianze conseguenti alla regionalizzazione del SSN, oggi la forbice si è notevolmente allargata anche in virtù della mobilità dal Nord al Sud determinata dall’emergenza Covid e dall’indisponibilità alla mobilità inversa a causa di stipendi talmente bassi da non compensare il maggiore costo della vita.
Inoltre i pochi, insufficienti, neolaureati scelgono spesso di andare a lavorare all’estero, nel Nord Europa, dove gli stipendi sono di gran lunga più dignitosi e la funzione sociale non squalificata come in Italia, dove “gli eroi” subiscono migliaia di infortuni l’anno a causa di violenze, aggressioni e minacce da parte di una cittadinanza esasperata da tempi d’attesa biblici. Sono più di 12 mila gli infortuni denunciati all’Inail tra il 2016 e il 2020, ma parliamo ovviamente solo della punta dell’iceberg, perché il grosso resta sommerso.
Raschiando il fondo del barile alcune regioni cedono in gestione i Pronto Soccorso e interi reparti al terzo settore, con appalti al ribasso e consapevoli di foraggiare il lavoro nero, ma la coperta è corta perché la carenza di personale sul “mercato” oggi riguarda sia il pubblico che il privato e al massimo si può assistere ad un travaso tra l’uno e l’altro a seconda delle condizioni offerte.
Il taglio dei posti letto e la chiusura di interi ospedali, rispettivamente quasi 50 mila posti letto e circa 200 ospedali solo nel periodo 2007/2017, secondo l’annuario statistico del SSN, completa il quadro di una sanità pubblica in coma irreversibile.
Pensare di arginare il problema attraverso il mantra del TERRITORIO non è solo follia ma malafede politica. Il territorio, insieme alla prevenzione e alla riabilitazione, è stato il primo ad essere smantellato quando negli anni ‘90 si è scatenata la furia privatizzatrice. Una rete capillare fatta di strutture, professionalità e saperi non si ricostruisce in un giorno semplicemente evocandola nel PNRR. E, anche volendo prescindere da ciò, il TERRITORIO non può esistere senza una degna rete ospedaliera, almeno quanto gli ospedali non possono funzionare senza un efficace filtro territoriale.
È facile in fondo: basterebbe avere la volontà di investire subito nella Sanità pubblica almeno l’equivalente di quanto il governo Draghi ha deciso di concedere, nonostante la contrarietà popolare, per l’invio delle armi da guerra in Ucraina.
Più ospedali pubblici, più posti letto, abolizione del numero chiuso nelle Università, investimenti in prevenzione e cure territoriali, ripubblicizzazione delle cure riabilitative, alzare i salari. Non esistono altre ricette!
NELL’ULTIMA SETTIMANA DI GIUGNO SAREMO DAVANTI ALLE SEDI DELLE REGIONI PER CHIEDERE ASSUNZIONI, STABILIZZAZIONI DEI PRECARI E SCORRIMENTO DELLE GRADUATORIE.
Seguirà il calendario con le date e i luoghi delle iniziative
Unione Sindacale di Base - Sanità