Taranto: la petroliera Seasalvia sparisce nel mezzo del Mediterraneo. È la seconda volta da quando denunciamo i rapporti tra Eni e Israele
Da quattro giorni, la nave SEASALVIA non è più rintracciabile attraverso i comuni sistemi di tracciamento satellitare. L'ultima rilevazione la colloca al largo dell'isola di Creta.
È impensabile che una petroliera carica di migliaia di tonnellate di greggio disattivi deliberatamente i sistemi di monitoraggio della sua rotta nel bel mezzo del Mediterraneo. Oppure no?
Sta di fatto che è la seconda volta che accade. Esattamente da quando denunciamo la finalità bellica del suo carico, destinato all'aviazione militare israeliana. Un mese fa infatti, la destinazione del greggio caricato dalla Seasalvia nella banchina ENI del porto di Taranto venne modificata da Israele (Haifa) all'Egitto (Port Said) per consentirne l'attracco, tra le proteste e i blocchi dei lavoratori e delle lavoratrici, dei movimenti sociali e di una parte della cittadinanza. Salvo poi perdere le sue tracce nel Mediterraneo, ben prima di Port Said.
Un' operazione che già allora denunciammo per la sua opacità e che rappresentava invece chiaramente il tentativo del colosso petrolifero di lavare la propria immagine dalle accuse di complicità con il genocidio del popolo palestinese.
Oggi la vicenda si ripete nel silenzio delle istituzioni, mentre la città di Taranto resta sempre più pericolosamente schiacciata tra la "zona di sacrificio" e la logistica bellica, con tutte le ricadute economiche, sociali, sanitarie e ambientali che ne conseguono.
È l'economia di guerra. I soldi ci sono per le armi, ma non per finanziare politiche pubbliche in difesa dei lavoratori delle industrie in crisi, non per la conversione di un modello economico agonizzante, non per rilanciare i servizi pubblici e lo stato sociale, non per alzare i salari.
Contro tutto questo scenderemo in piazza il 28 Novembre per lo sciopero generale e il giorno successivo per la manifestazione nazionale a Roma
Blocchiamo tutto per cambiare tutto.
USB Taranto