TIM, no all'accordo sul lavoro agile solo sulle spalle dei lavoratori: USB chiede l'apertura di un tavolo al Ministero del Lavoro
La situazione azionaria TIM sembra volgere al peggio. Il prezzo delle azioni raggiunge nuovi record di ribasso. Che il capitale finanziario non creda dunque nel progetto di questa azienda appare ormai del tutto evidente.
Questo contesto di incertezza aziendale si innesta in un periodo di inedita crisi economica, con l’inflazione alle stelle, trainata dall’aumento dei costi dell’energia, che erode il potere d’acquisto dei salari, provoca una riduzione ulteriore dei margini di profitto delle aziende e rende più lontane le prospettive di ripresa.
Gli Stati nazionali dirottano le ormai esangui risorse verso il riarmo, fenomeno che pensavamo dimenticato dalla fine della Guerra Fredda, a scapito dello Stato Sociale.
In questo fosco scenario, la situazione dei lavoratori, e quindi anche dei lavoratori di TIM, si prospetta progressivamente sempre più critica.
In questo ambito, guardando alle scelte di riduzione dei costi, a fronte della riduzione dei margini, che l’azienda ha introdotto da 12 anni a questa parte, pensiamo siano probabili ulteriori iniziative di contrazione dei costi operativi, che potrebbero tradursi nella chiusura di ulteriori sedi aziendali e in accordi sindacali ulteriormente a ribasso.
Nell’ultimo accordo sulla CdE siglato dalle organizzazioni sindacali confederali il 28 luglio, è previsto entro il mese di settembre un “confronto sulle nuove modalità di applicazione del Lavoro Agile per TIM e le Aziende del Gruppo”.
Vorremmo evitare che queste ennesime iniziative portino a ulteriori disagi e perdite economiche per i lavoratori.
Pur essendo ancora convinti dei limiti, soprattutto sociali e di confronto lavorativo, della modalità di lavoro “agile”, USB ha ben presente il contesto economico attuale e l’impatto positivo che tale modalità di lavoro ha avuto sulla vita dei lavoratori.
Ritenendo plausibile un forte risparmio aziendale sui costi sia per la probabile chiusura di ulteriori sedi sia per il lavoro svolto da remoto, pensiamo che le argomentazioni di parte sindacale non debbano concentrarsi solo sul numero di giorni “a casa” rispetto a quelli “in sede”, quanto soprattutto sul recupero dei costi vivi sopportati dai lavoratori.
Per questo USB ha chiesto la convocazione urgente dell’osservatorio sul lavoro agile e l’apertura di un tavolo di confronto presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che prenda in esame misure improrogabili per fare fronte all’aumento delle tariffe che comportano l’erosione del salario, ribadendo la necessità della compartecipazione da parte dell’aziende al riconoscimento delle utenze, all’utilizzo degli spazi oltre alla legittima corresponsione dei buoni pasto a partire da 8 €, tutt’ora in molti posti lavoro negata o sottodimensionata.
Chiediamo che TIM ripartisca quota parte dei risparmi dei costi di esercizio ottenuti con il ricorso al Lavoro Agile in una qualche forma di erogazione salariale a compensazione dei tali costi sostenuti dai lavoratori.