Un popolo indignato in cerca di nuovi riferimenti
Non è un fatto occasionale. Due scioperi generali nel giro di undici giorni riusciti come non riuscivano da alcuni decenni, centinaia di piazze di enormi dimensioni, ripetute manifestazioni imponenti in tutte le principali città del Paese e una mobilitazione diffusa che coinvolge anche i centri minori, ci dicono che siamo in presenza di qualcosa di profondo e duraturo, di una scossa tellurica destinata a cambiare il corso delle cose.
L’indignazione per come il governo sta gestendo le relazioni con Israele e per la sua conclamata complicità con un sistema genocida costituiscono il fattore scatenante. Orrore di fronte al massacro ripetuto e rivendicato da un lato e disgusto per la ripetuta ipocrisia di chi ci governa sono gli ingredienti di una mobilitazione che non accenna a fermarsi, anzi aumenta di intensità.
Ma, non c’è dubbio, il vecchio quadro sindacale e politico a disposizione, quello che comunemente si chiama da un po’ di tempo “campo largo”, non dispone oggi nè della credibilità nè dell’autorevolezza per esprimere i sentimenti che questo fiume in piena sta manifestando. Anzi, l’accusa di ipocrisia e di complicità finisce per lambire anche la stessa opposizione che non a caso, quasi in extremis, è andata via via cambiando la propria posizione per cercare di rincorrere affannosamente l’indignazione popolare.
La gente in piazza, diciamolo con chiarezza, letteralmente non ne può più. Ma siccome non ha trovato riferimenti nel mondo politico e sindacale, è rimasta a lungo silente, subendo passivamente il decadimento della vita politica, l’arretramento dei diritti e il peggioramento delle condizioni sociali.
Ora improvvisamente si aggrappa ad un soggetto che appare sulla scena e rompe quasi d’incanto l’ipocrisia generale. E’ un urlo il segnale e a lanciarlo sono i portuali del Calp a Genova: blocchiamo tutto. Poi, a seguire, si materializza nello spazio pubblico un reticolo di soggetti giovanili e politici, ancora piccoli ma diffusi in tutta la penisola. E dal mondo sindacale emerge un’organizzazione, l’USB, che dimostra di avere le idee chiare, la giusta determinazione ed anche alcuni strumenti per mettere in pratica quello che dichiara. E il popolo, che non ne può più, ci si aggrappa per esplodere.
La marea che attraversa il Paese non ha riferimenti e non si fida più di quelli che aveva. In tanti ancora hanno in tasca la vecchia tessera e ascoltano i discorsi stanchi dei leader di un’opposizione incoerente e logora. Li ascoltano perchè non hanno altro da ascoltare, ma non gli credono più.
Per l’USB è un’occasione storica, diventare il nuovo riferimento sindacale di un popolo che ha perso fiducia nell’importanza dell’organizzazione sindacale, della difesa e della rappresentanza collettiva. Un’impresa enorme, molto al di sopra delle nostre forze. Ma quello che fino a ieri sembrava impossibile, rompere la gabbia di un sistema bloccato da decenni, ora è diventato un obiettivo realistico.
Quell’indignazione che oggi respiriamo a pieni polmoni nelle piazze è figlia di un grande malessere sociale che va organizzato e trasformato in forza stabile. A partire dai posti di lavoro, è ora di far partire un’ondata che leghi la lotta contro il riarmo ai temi del salario, delle condizioni di lavoro e della difesa dei servizi pubblici e del welfare universale. Passare dall’indignazione alla lotta organizzata. Diventare punto di riferimento vero e stabile, dare a tanti, tantissimi, la possibilità di tornare a credere nell’importanza dell’organizzazione collettiva.
C’è un elemento importante di cui tenere conto: attraverso l’USB tornano protagonisti i lavoratori, gli operai, quelli che sembravano essere usciti definitivamente di scena. La loro presenza dà fiducia al movimento che si è messo in moto, incoraggia i giovani e assicura la giusta determinazione e responsabilità nel portare avanti la lotta. Il protagonismo dei lavoratori e delle lavoratrici è un elemento fondamentale di questo movimento, la sua forza più rilevante. Nell’alleanza tra lavoratori e giovani, tra operai e studenti, i giovani costituiscono il fattore dinamico ma i lavoratori sono la possibilità del cambiamento. Ciò che può rendere possibile bloccare tutto per cambiare tutto.