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Argomento:

Una piattaforma di proposte e un vademecum per affrontare l’emergenza coronavirus nelle scuole

Nazionale -

Proposta di USB Scuola PI al Governo Conte e al MIUR:

1. Che le scuole vengano chiuse, non semplicemente sospesa l’attività didattica, per la tutela anche del personale ATA, lavoratori della scuola come gli altri.

2. Che la didattica a distanza non venga imposta in modo obbligatorio a docenti e studenti.

3. Che l’esame di Stato per quest’anno consista nel solo esame orale e solo sugli argomenti svolti in presenza, perché la didattica a distanza non garantisce in alcun modo lo stesso livello di apprendimento della didattica in aula e non si può svolgere in tutto il territorio nazionale e per tutti gli studenti e le studentesse in egual misura.

4. Che si dica con chiarezza che nessuno studente a fine anno sarà respinto, perché non siamo nelle condizioni di valutarli serenamente in questo clima di emergenza sanitaria e perché non siamo in grado di garantire il diritto allo studio a tutti tramite la didattica a distanza: il MIUR deve dare indicazioni chiare e precise sull’impossibilità di verificare, interrogare o valutare a distanza invece che esporre le scuole, i dirigenti scolastici e i docenti a ricorsi e contenziosi e a eventuali rischi per la privacy dei minori.[1] 

5. Che si stanzino fondi per corsi finalizzati al recupero del lavoro non svolto nel periodo di sospensione delle attività didattiche, da attivarsi all’inizio del prossimo anno scolastico, quando l’emergenza sarà finita.

6. Che si aboliscano per questo e i prossimi due anni le prove INVALSI e l’Alternanza Scuola Lavoro, in modo da dedicare tutto il tempo scuola ai contenuti non svolti nel periodo di sospensione dell’attività didattica.

7. Che il MIUR disponga una modalità di valutazione del voto dell’esame di Stato, per questo anno scolastico e i successivi due, che preveda come conteggiare il credito scolastico relativo a quest’anno, con ogni evidenza difficile da assegnare in queste condizioni.

L’emergenza Coronavirus è sempre più seria. Con la firma del DPCM di oggi 8 marzo 2020, ci si dirige verso una prolungata sospensione delle attività didattiche ben oltre il 15 marzo. Nelle zone rosse sono già sospese fino al 3 aprile. A nostro avviso, questa vicenda sottolinea la crisi profonda dello Stato, che riesce a garantire la sicurezza sui posti di lavoro solo chiudendoli, per il timore che il contagio porti al collasso il sistema sanitario ridotto all'osso dai tagli degli ultimi decenni.

Come  sindacato dei lavoratori della scuola che operano con e per gli studenti e a tutela dei diritti di tutti i lavoratori e dei cittadini, per favorire l’uscita dalla gestione emergenziale della situazione, oltre ai punti proposti al governo, forniamo ai colleghi strumenti concreti di difesa personale e del proprio lavoro, rispetto alle interpretazioni assolutamente arbitrarie che taluni dirigenti scolastici stanno dando della possibilità di disporre la didattica on line, contenuta anche nel DPCM dell’8 marzo, e rispetto ai rischi gravi e concreti che il provvedimento porta con sé.

Rileviamo innanzitutto un serio rischio di discriminazione tra istituti e tra studenti, la conseguente lesione del diritto allo studio di tutti quegli studenti non realmente raggiungibili dalla didattica a distanza. Questo provvedimento rischia infatti di confermare la divisione, in corso da anni, tra scuole di serie A e di serie B, regioni di serie A e regioni di serie B, studenti provenienti da contesti socioeconomici di benessere e aree del paese economicamente depresse. Le attrezzature e le possibilità di un liceo del centro di una grande città sono molto diverse da quelle di un professionale di periferia, gli studenti e le famiglie di origine sono molto diverse per condizioni socioeconomiche e per possibilità. Chi garantisce il diritto allo studio degli studenti che non hanno le strumentazioni necessarie alla teledidattica? Come si garantisce che gli studenti che provengono da contesti difficili partecipino alla didattica on-line? La scuola è un luogo fisico e un ambiente sociale e consente di coinvolgere tutti, la didattica a distanza no. Come si garantisce il diritto allo studio degli studenti della primaria? E come si può includere gli studenti con disabilità? A scuola sono affiancati da docenti di sostegno che mediano insieme ai colleghi di classe, compensando le difficoltà. Un sistema di istruzione che voglia essere serio non può non porsi questi problemi.

Le tecnologie, con il loro portato di trasformazione delle relazioni, con i rischi che comportano rispetto alla privacy e alla protezione dei minori, non sono strumenti che si possono usare in modo improvvisato e senza linee guida. Inoltre, va affermato con forza che la didattica a distanza non è didattica. Può eventualmente supportarla, con tutti i rischi di semplificazione e schematizzazione che comporta, non sostituirla. Siamo dunque allarmati all’idea che essa possa essere vista come una facile soluzione a problemi enormi, problemi che vengono ancora una volta scaricati su un sistema di istruzione subissato da decenni da tagli inaccettabili, voluti da politiche nazionali a regia europea, volti alla privatizzazione dell’istruzione, per farne un nuovo mercato in cui lucrare e creare concorrenza.

In allegato proponiamo un VADEMECUM per colleghi docenti e ATA che permetta tutelare se stessi e il proprio ruolo professionale in questi tempi difficili.