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USB in audizione sulla legge di bilancio: dalla manovra più armi e meno risorse servizi e salari. Unica risposta lo sciopero generale

Roma -

Oggi si sono tenute le audizioni delle Organizzazioni Sindacali presso le commissioni bilancio di Camera e Senato relativamente alla Legge di Bilancio.

USB ha ribadito il proprio giudizio negativo sia sull’impianto complessivo che per quanto riguarda le misure previste, in particolare in tema di salari.

La manovra del Governo Meloni affronta in maniera inadeguata la questione salariale, particolarmente grave nel nostro Paese, simbolo delle sempre più crescenti disuguaglianze. Gli interventi di defiscalizzazione su alcune parti del salario sono sbagliate sia nel settore privato, dove si scarica sulla fiscalità generale un onere datoriale, peraltro senza compensarlo con adeguati interventi fiscali su rendita e patrimonio; sia in quello pubblico dove non si capisce perché, considerato che lo Stato è il datore di lavoro, non si possano stanziare direttamente maggiori risorse per i contratti, invece di usare anche qui la defiscalizzazione.

In ogni caso le misure previste non incideranno sul potere d’acquisto dei salari.

Gli investimenti sulla spesa sociale non riescono a mantenere neanche il livello di spesa dell’anno precedente, come per la sanità, e non si avvicinano neanche lontanamente a ciò che servirebbe all’istruzione, mentre segnano addirittura una riduzione per alcuni enti di ricerca.

Non è prevista nessuna misura di contrasto alla precarietà crescente, fatta di contratti a termine, part-time involontario e abuso del sistema degli appalti. Nel settore pubblico il Governo si prepara a mandare a casa il 30 giugno prossimo metà dei 12mila precari del PNRR Giustizia; stessa sorte è destinata a 5mila precari della Ricerca, anch’essi in parte reclutati con il PNRR. Il precariato a vita è invece la sorte a cui sembrano destinati i 300mila precari della Scuola.

Rispetto all’ennesimo intervento sul fisco, si continua a procedere verso un appiattimento del prelievo fiscale e l’abbandono di quella progressività che rappresentava, un tempo, uno dei fattori di redistribuzione delle risorse e di riequilibrio delle disuguaglianze sociali.

Manca tutto ciò che servirebbe, da una seria politica industriale al rilancio dei servizi pubblici, passando per un intervento strutturale sui salari che fissi un salario minimo di 2000 euro, con conseguente riparametrazione, e agganci i salari al costo della vita, misurato non più dall’IPCA, indice assolutamente inadeguato. Quelle organizzazioni sindacali che plaudono agli interventi del Governo sono le stesse che firmano contratti a perdere nel Pubblico come nel Privato e che da tempo sono diventate parte del problema.

In realtà l’obiettivo della manovra non è quello di intervenire sulle sempre più drammatiche disuguaglianze che colpiscono la popolazione, ma di tenere basso il deficit pubblico in modo da poter avere via libera nello stanziare tutte le risorse possibili per il riarmo, senza dover sottostare ai vincoli europei.

Più armi e meno redistribuzione è la cifra politica complessiva della manovra contro la quale USB conferma lo sciopero generale del 28 novembre e la manifestazione nazionale del 29 novembre.