USB PI: dalla manovra di bilancio arriva l’ennesimo attacco alla legge 104 per i dipendenti pubblici
Non passa giorno che questa legge nata per tutelare i diritti delle persone con disabilità non finisca sotto attacco.
Nonostante l’applicazione della Legge 104 sia già sottoposta a numerosi controlli e certificazioni dei requisiti necessari, la manovra di bilancio introduce un’ulteriore stretta con la scusa di prevenire gli abusi ma che, in realtà, nasconde disprezzo sia per i diritti elementari delle persone che per i dipendenti pubblici che, dopo essere stati tacciati per anni di “fannullonismo”, ora si trasformano in “abusatori seriali” di permessi per assistenza.
Dal primo gennaio 2026 i datori di lavoro pubblici potranno, infatti, richiedere all’INPS di verificare la permanenza dei requisiti sanitari per usufruire di permessi della Legge e, non bastasse, la PA deve mensilmente fornire all’INPS informazioni dettagliate sulla causa, ovvero sul nome della persona, per la quale si usufruisce dei congedi parentali e dei congedi straordinari.
A questi ulteriori, quanto inutili, controlli non provvederanno solo le strutture dell’INPS e della sanità pubblica, come già avviene oggi, ma si farà ricorso, addirittura, alla sanità militare!
Chiunque abbia avuto la sfortuna di dover far ricorso alla Legge 104, per sé o per i propri familiari, sa benissimo che l’INPS, in seguito all’autorizzazione dei benefici, ha il potere di renderli definitivi o revisionabili e, in tal caso, provvedere in automatico a scadenzare i controlli.
È evidente quindi che più che prevenire abusi si è voluto fornire ai dirigenti pubblici un’arma di controllo e di disciplinamento dell’organizzazione del lavoro sempre più difficile in una PA, dall’elevata età media, che ha visto una manciata di assunzioni a fronte di quelle necessarie. Quella stessa dirigenza pubblica che in parte già oggi discrimina i possessori di 104 attraverso lo strumento della valutazione e delle pagelline oppure, come avviene al DAP, dove vengono escluse dai benefici le coppie di unioni civili, nonostante una legge del 2016 e vari pronunciamenti della Corte Costituzionale.
In un Paese che continua a tagliare, depotenziare, privatizzare i servizi pubblici, - dalla sanità ai nidi, dalla riabilitazione alle prestazioni sociali e ai fondi per la disabilità – rendendoli sempre più inaccessibili alle persone che non possono permettersi costi economici esorbitanti, l’ulteriore attacco al diritto di assentarsi, 3 giorni al mese, per assistere un familiare disabile non è solo cinico ma è anche l’ennesimo attacco alle donne, dopo quello alle pensioni, che sono quelle che della cura – di bambini, anziani, disabili - si fanno ancora maggiormente carico.
E sotto questo aspetto il governo non colpisce a caso ma mira ad una popolazione che nel pubblico impiego garantisce circa il 60% delle presenze, con punte dell’80% nella scuola e nella sanità.
Ora appare più chiara l’ostinazione con la quale la prima premier donna della storia repubblicana ci tenga così tanto ad appellarsi al maschile, visto che essere donne lavoratrici al tempo del suo governo è una sciagura!
Il 28 novembre USB ha proclamato uno sciopero generale e il 29 novembre saremo ancora in piazza contro una manovra di bilancio tutta indirizzata al riarmo a discapito della spesa sociale e del welfare.