AREA STAMPA

Dipartimento Comunicazione

Tel./Phone:
(+39) 3456712454

Fax:
(+39) 06 54070448

e-mail:
areastampa@usb.it

Roma, via dell'Aeroporto 129

Argomento:

Welfare aziendale, la fine dello "Stato Sociale" ai danni del salario!

Nazionale -

In allegato trovate una guida/sintesi sul welfare aziendale introdotto dalla legge di stabilità, con cui si da al lavoratore la possibilità di potere di scegliere se fruire del premio di produttività in denaro e vederselo, pertanto, tassato con l’aliquota sostitutiva (in applicazione di un contratto decentrato), oppure se utilizzare l’importo del premio di produttività, in toto o in parte, per fruire di uno o più servizi di welfare messi a disposizione dal datore di lavoro.

Nei fatti è un falso regalo. Non è una “conquista sindacale” perché così non è.

Lo Stato, avendo meno entrate fiscali, a sua volta destinerà meno fondi a sanità, istruzione e pensioni pubbliche, perché integrate privatamente dai dipendenti che hanno accesso al welfare aziendale.

Il Welfare Aziendale alla fine rimette in discussione due fondamentali caratteristiche del Welfare Sociale :

·         La non escludibilità, per un sistema di Welfare Sociale (Pubblico) non è possibile escludere qualsiasi persona dai benefici che esso produce;

·         La non rivalità del Welfare Sociale (Pubblico) è un bene che può essere usato da tutti i cittadini contemporaneamente indistintamente, cioè tutti quelli impliciti nell’art 32 della Costituzione;

Al contrario il welfare aziendale essendo liberamente sostitutivo rispetto a quello pubblico nei fatti : include solo coloro che hanno un lavoro e quindi un contratto ma ciò facendo esclude tutti coloro che hanno semplicemente dei diritti confinandoli nella residualità dell’assistenza pubblica rende rivali cioè pone in competizione gli interessi tutelati dai contratti con i diritti finanziati in modo residuale dallo Stato.

Non possiamo accettare la logica del baratto dei nostri aumenti salariali in cambio di fondi da destinare al welfare, cosi come non vogliamo rinunciare ad reali aumenti di salario in cambio di servizi.

Per uno stato sociale che garantisca a tutti i servizi fondamentali di qualità e in larga quantità, a partire dall’offerta sanitaria, pensionistica e da quella scolastica, basato su tasse dirette fortemente progressive dove chi meno ha meno paga.

Insomma, bisogna tornare ai classici. Il salario è il prezzo della forza-lavoro, ovvero la quantità di denaro fornita dal capitalista per l’uso di essa. Il lavoratore non vende lavoro in cambio di flexible benefits, ma di soldi !